Allarme Inps: 15 milioni d’italiani soffrono la fame

Allarme Inps: 15 milioni d’italiani soffrono la fame
8 luglio 2015

crisi-150708094302Non possono permettersi un’alimentazione adeguata, non ce la fanno a riscaldare a sufficienza la casa, non riescono a far fronte a spese impreviste anche se di piccola entità. Sono 15 milioni i poveri in Italia, una famiglia su quattro. Un numero drasticamente cresciuto negli ultimi sei anni per effetto della dura recessione che ha colpito il Paese. A certificare il progressivo peggioramento delle condizioni sociali nel nostro Paese è l’Inps nel rapporto annuale. La quota di persone povere è aumentata significativamente, passando tra il 2008 e il 2013, dal 18% al 25% della popolazione, ovvero da 11 a 15 milioni. Un terzo dei poveri in Italia si trova in una condizione di “grave deprivazione materiale”. In altri termini, le persone povere che nel 2013 hanno avuto difficoltà a mantenere l’abitazione sufficientemente calda sono aumentate di 12 punti percentuali rispetto al 2008 (dal 25 al 37%), mentre la quota di persone povere che non riesce a permettersi un’alimentazione adeguata è aumentata di oltre 10,4 punti percentuali (dal 17 al 28%) cosi come è in forte aumento la quota di persone povere che non riesce più a far fronte a spese impreviste anche di piccola entità. E le famiglie del meridione hanno un rischio povertà più che doppio rispetto a quelle del Nord.

Anche la diseguaglianza dei redditi è cresciuta a tassi sostenuti, con un incremento dell’indice pari al 39% tra il 2008 e il 2013 (da 0,21 nel 2008 a 0,32 nel 2013). Non solo il numero di poveri è aumentato drasticamente, dunque, ma il loro reddito disponibile si è ridotto in termini reali di quasi il 30%, un valore molto più alto rispetto al resto della popolazione. La crisi economica ha, poi, aumentato proporzionalmente di più i poveri nella fascia di età tra i 40 e i 59 anni (con incrementi percentuali di oltre il 70% nella fascia 50-59), mentre le persone già fuori dal mercato del lavoro, tipicamente le persone con più di 70 anni, sono quelle che hanno sofferto meno gli effetti della crisi. Come conseguenza, il rischio di povertà si è modificato a svantaggio delle fasce di età intermedie, che ora presentano dei tassi di povertà sistematicamente più alti rispetto a quelli della popolazione anziana. Il rischio di povertà durante la crisi è peggiorato soprattutto per la categoria dei disoccupati.

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Tuttavia, tra questi, la classe di età che ha subito l’aumento relativamente maggiore del numero dei poveri sono i disoccupati con più di 50 anni, il cui numero è più che triplicato nell’arco di 6 anni. Questo dato, combinato con le probabilità di non-reimpiego, secondo l’Inps, “deve far riflettere”: dopo i 55 anni la probabilità media di trovare una nuova occupazione per un disoccupato che beneficia di una indennità di disoccupazione/ ASpI a distanza di due mesi dalla perdita del lavoro è inferiore al 20% e tende a stabilizzarsi intorno al 45% dal decimo mese in poi di disoccupazione. Di conseguenza, quasi un disoccupato su due con più di 55 anni finisce per diventare un disoccupato di lunga durata e, una volta esaurita la disoccupazione ordinaria/ ASpI, per queste famiglie il rischio di povertà non può che, in assenza di altre forme di sostegno al reddito, aumentare a ritmi sostenuti.

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