Allerta sondaggi referendum, vantaggio No preoccupa Renzi. Si lavora a piano B
STRATEGIE Il “guru” Messina professa ottimismo, ma si ragiona su eventuale sconfitta del Sì. Premier teme Puglia e Sicilia
Dagli Usa il “guru” Jim Messina tranquillizza e professa ottimismo, ma a Palazzo Chigi è scattato l’alert sui sondaggi relativi al referendum del 4 dicembre ed è quindi logico che, oltre a portare avanti la campagna elettorale, si cominci a pensare al “piano B” in caso di vittoria del No. La media dei sondaggi, è l’analisi che si fa tra Palazzo Chigi e il Nazareno, dà il No in vantaggio di 1,5-2 punti a livello nazionale, con il Sì in testa nel Nord-Ovest (tra il 52 e il 54%), leggermente indietro nel Nord Est e con le due parti in sostanziale pareggio al Centro. Il Sud e le isole sono però considerate il “buco nero” del voto a favore della riforma, in particolare con i contrari nettamente avanti in Puglia e Sicilia (con un vantaggio medio intorno agli 8 punti) e Calabria (tra 4 e 5 punti), dove nei prossimi giorni andranno sia la ministra Maria Elena Boschi che lo stesso premier Matteo Renzi.
“Messina – spiega un dirigente Pd – dice di guardare alle tendenze e non ai risultati finali dei sondaggi. Secondo lui un punto positivo è che il Sì è in gara nelle aree in cui tradizionalmente la partecipazione è più alta e poi è intuibile una maggiore capacità di erodere il fronte degli indecisi”. Indecisi che, ancora, sono circa un terzo degli elettori. “C’è un trend positivo – spiega la fonte – con qualche battuta d’arresto, ad esempio nell’ultima settimana”. Da qui le indicazioni del “guru” per le ultime due settimane, che sono ritenute decisive. Ci sarà quindi una ridefinizione dei messaggi pubblicitari, ma anche un cambio di strategia: avanti con le questioni merito, ma ponendo anche l’attenzione alle conseguenze possibili se vincesse il no, puntando su un “derby tra passato e presente”. Da qui lo stop dato da Renzi alla Leopolda a ipotesi di “governicchi” o l’adombrare, ieri, una “spallata” e la possibilità di voler fare “un pasticcio facendo una grande cosa tutti insieme” in caso di vittoria del No. L’obiettivo, e la speranza, spiega un’altra fonte Dem, è che ci sia, tra gli indecisi, una “maggioranza silenziosa portata a scegliere la stabilità”.
Renzi non crede alla sconfitta anche se, spiega chi gli ha parlato in questi giorni, ha “metabolizzato” questa eventualità. Dunque continua a spingere per convincere gli indecisi. “I sondaggi – ha affermato a Frosinone – dicono che un terzo degli italiani è indeciso su cosa fare, non ha la più pallida idea del referendum, sta iniziando a pensarci adesso. La questione è questa: bisogna andare casa per casa, uno per uno, organizzare gli incontri, parlare con le persone”. Il premier continuerà poi a girare l’Italia, disegnando il cambiamento che la riforma potrà portare per il Paese. Ma intanto, con i più fidati consiglieri, inizia a pensare a un eventuale “piano B”. Proprio su questo, però, ancora ci sono in campo più ipotesi. “Alla Leopolda – spiega un deputato Dem molto vicino al premier – quando ha parlato di governicchi ha dato la linea: dopo di me, comunque vada, ci sono ancora io, dovete fare i conti con me. Se il Sì perde, Renzi avrà comunque il doppio dei voti di qualsiasi altro partito: quelli che prenderà saranno tutti suoi, i voti del No saranno divisi tra Grillo, Salvini, Berlusconi. Credo quindi che il pallino a un altro non lo darà e che resterà al governo”. Ma non si esclude anche la possibilità di lasciare la guida dell’esecutivo, magari dopo l’approvazione della legge di Bilancio. “Molto – spiega un altro esponente Dem – dipenderà da cosa succederà nel Pd in caso di vittoria del No il 5 dicembre. Se manterrà una maggioranza Renzi potrà determinare il gioco sulla nuova legge elettorale e dettare la prima scelta per un eventuale futuro governo di scopo, di cui potrebbe non essere a capo. Allo stesso tempo punterà a vincere largamente il congresso e poi presentarsi agli elettori e dire: datemi i voti per cambiare l’Italia. Se invece ci fossero defezioni, ad esempio tra i franceschiniani o i giovani turchi, e non avesse più una maggioranza non avrebbe più in mano le carte e a quel punto tutto sarebbe più complicato”.