L’ambasciatrice americana all’Onu è arrivata oggi per la prima volta al Palazzo di vetro mettendo subito in chiaro il modo in cui gli Stati Uniti opereranno: “Mostrando la nostra forza, facendo sentire la nostra voce” per lavorare non solo “sodo ma anche in modo più efficiente”. E intanto i diplomatici si domandano se Washington farà un passo indietro all’interno dell’organizzazione. Nella sua prima dichiarazione dentro le mura delle Nazioni Unite, Nikki Haley ha promesso un cambiamento dell’organizzazione. Perché “questo è il momento della forza, dell’azione” e l’amministrazione di Donald Trump è “pronta. Tutto quello che funziona, funzionerà ancora meglio; quello che non funziona, cercheremo di sistemarlo ma se non sarà possibile, ne faremo a meno”. Con “occhi nuovi” e una “visione nuova” l’ex governatore della South Carolina scommette sul “sostegno dei nostri alleati e viceversa”. Per i Paesi che “non hanno il nostro sostegno, prenderemo nota dei loro nomi e risponderemo di conseguenza”, ha avvertito.
LA PROMESSA DI TRUMP Oltre alle parole, resta da vedere come Haley si comporterà. Certo è che Trump un cambiamento radicale all’Onu lo aveva promesso: con lui alla Casa Bianca le cose alle Nazioni Unite “saranno diverse”, aveva avvertito il 23 dicembre 2016 quando, grazie a un’astensione storica degli Stati Uniti, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approvò una risoluzione che chiede uno stop immediato agli insediamenti israeliani nei territori occupati della Palestina. A lui, che all’epoca era ancora presidente eletto, non era piaciuto il trattamento di “disprezzo” riservato a Israele, a cui consigliò di “restare forte” perché il suo arrivo nello Studio Ovale era ormai vicino. Ora che Trump ha messo piede al civico 1600 di Pennsylvania Avenue a Washington (formalmente il 20 gennaio), vuole passare ai fatti. L’amministrazione Usa sta preparando ordini esecutivi con cui gli Stati Uniti ridurranno drasticamente i finanziamenti a favore di agenzie internazionali, incluse quelle legate alle Nazioni Unite.
MIGRANTI Stando al documento di cinque pagine ottenuto da Foreign Policy e sulla cui messa a punto Haley non è stata probabilmente interpellata, a rischio ci sono i finanziamenti volontari degli Usa per agenzie chiave dell’Onu come Unicef e il World Food Program. Haley, da lui voluta come ambasciatrice, aveva in passato definito “immensamente importanti” i contributi americani ai programmi alimentari e per i rifugiati del Palazzo di vetro. Gli osservatori e i diplomatici aspettano di capire cosa accadrà. L’impressione è che gli Usa vogliano voltare le spalle al mondo pur di mettere “l’America al primo posto”. Ma così facendo – è la linea di pensiero generale – le istituzioni internazionali che hanno sostenuto l’ordine globale dai tempi del Secondo dopoguerra rischiano di traballare e gli Usa finiscono per cedere alla Cina la leadership all’Onu. E i primi a farne le spese saranno i migranti protagonisti di una crisi quasi senza precedenti in Europa. Chissà che Trump non finisca per seguire l’esempio di George W Bush e Ronald Reagan. I due ex presidenti erano a loro volta critici dell’Onu ma alla fine in esso trovarono valore: il primo, per dare legittimità alla guerra in Iraq (con la bugia dell’ex segretario di Stato Colin Powell dell’esistenza di armi di distruzione di massa nella nazione); il secondo, perché finaziare le Nazioni Uniti era, dopo tutto, nell’interesse degli Usa.