La denuncia
A sollevare il caso è un rifugiato sudanese del Darfur, oggi residente in Francia con status protetto, che nel 2019 aveva già denunciato alla CPI le sevizie subite insieme alla moglie in un carcere libico controllato da Almasri. Il generale, ex capo della milizia Al-Kaniyat, è ricercato dall’Aia dal 2021 per crimini contro l’umanità: omicidi, torture e stupri sistematici contro migranti.
Attraverso gli avvocati Juan Branco e Omer Shatz – noti per battaglie legali internazionali – e l’organizzazione per i diritti umani Front-Lex, il sopravvissuto accusa Roma di aver “violato gli obblighi” non consegnando Almasri alla CPI. La denuncia, una comunicazione legale di 23 pagine inviata alla procura il 20 giugno, sostiene che Meloni, Nordio e Piantedosi abbiano “abusato dei poteri esecutivi per disobbedire agli impegni internazionali”. Un passaggio chiave rimanda all’audizione dei due ministri alla Camera, avvenuta pochi giorni prima della presentazione dell’istanza.
Articolo 70
L’articolo 70 dello Statuto di Roma punisce con fino a 5 anni di carcere chi “ostacola, altera prove o rifiuta collaborazione” con la CPI. Fonti vicine al governo italiano, però, smorzano la portata della notizia: “Nessun procedimento ufficiale è stato avviato. La segnalazione è una semplice email, non trasmessa né ai giudici né al registro della Corte”. “Credo che ormai tutti indaghino su tutto – ha detto Carlo Nordio, ministro della Giustizia. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana, o meglio, postulo quella divina: quella terrena è fallibile”. Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha attaccato frontalmente l’Aia: “L’atto inviato all’Italia era nullo. Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla CPI”.
Il nodo Libia e rapporti con l’Italia
La vicenda riapre un capitolo spinoso: la collaborazione tra Roma e Tripoli nel controllo dei flussi migratori. Almasri, legato al governo libico riconosciuto dall’Onu, è un simbolo delle accuse di connivenza con milizie accusate di crimini contro i migranti. La mancata esecuzione del mandato di cattura internazionale – nonostante l’ex generale sia stato arrestato in Italia nel 2022 e poi rilasciato per un presunto errore formale – solleva interrogativi sui rapporti politici bilaterali.
Ora la palla passa alla procura della CPI, che dovrà decidere se trasformare la segnalazione in un’indagine formale. Intanto, il caso rischia di inasprire i già tesi rapporti tra l’Italia e l’Aia, in un contesto globale dove la Corte è accusata di “doppi standard” nel perseguire crimini di guerra.