Il problema è sempre lo stesso, e si ripropone sin dalla nascita di Ap e dalla elezione di Mattarella a presidente della Repubblica: un Alfano, a detta soprattutto dei senatori Udc, incapace di dare una linea politica chiara e di mandare un segnale alla base, agli elettori nei giorni in cui gli attacchi, le accuse a Ncd e all’Udc si andavano facendo sempre più violente. La posizione di Alfano è quella di mantenere in piedi la macchina, senza fare nulla, fino al referendum, sul quale per altro già si è espresso a favore. Dopo di allora, anche a seconda del risultato si vedrà cosa fare. Ecco quindi arrivare Bianconi, senatrice di stretta osservanza alfaniana e espressione della linea governativa, pro referendum e pro Italicum del leader. Ma è una figura, è la contestazione che arriva dall’Udc (che è per il NO al referendum e che sollecita un radicale cambiamento della legge elettorale), che “non esprime le sensibilità altrui”. Non è fronda, dicevamo, ma qualche segnale in questo senso sembra arrivare. Non è certo un caso che ieri Schifani da un lato, con le sue dimissioni, e Cesa dall’altro, con le sue puntualizzazioni su riforme e Italicum, abbiano di fatto preso posizione nello stesso momento contro Alfano. Insomma, l’ala non governativa (che non ha mai smesso forse di guardare a Berlusconi) si ribella e l’Udc chiede chiari segnali. Sicuramente sono posizioni che non si sommano politicamente ma che comunque indeboliscono, mettono pesantemente in difficoltà Alfano. Ecco allora Bianconi al Senato, che dovrà mettere tutto il suo impegno, le sue capacità di mediatrice – cercando di smussare gli angoli da qui al referendum – in un gruppo parlamentare, in un partito che sembra essere sempre più vicino al collasso.