Dopo la Corte d’Appello, anche la Cassazione ha detto no all’istanza di revisione del processo avanzata dai legali dell’ex senatore di FI Marcello Dell’Utri, condannato con sentenza definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La decisione e’ stata presa dalla V Sezione Penale che ha respinto il ricorso degli avvocati Francesco Centonze e Tullio Padovani che chiedevano che a Dell’Utri fosse applicata la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sul caso di Bruno Contrada. Gia’ nella sua requisitoria, ieri, il sostituto PG Perla Lori aveva sbarrato la strada alla revisione sostenendo che la pronuncia Cedu era riferita al caso “singolo” di Contrada “e non era suscettibile di essere estesa ad altri anche perche’ non si tratta di una sentenza della Grande Chambre”.
Con questo verdetto la Cassazione ha confermato il no alla revisione pronunciato lo scorso 8 marzo dalla Corte d’Appello di Caltanissetta, che aveva esaminato l’istanza difensiva basata sulla decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo che aveva condannato l’Italia a risarcire i danni a Contrada, l’ex funzionario del Sisde ingiustamente processato per un reato che, a dire dei giudici di Strasburgo, all’epoca dei fatti contestati non esisteva. Il caso di Dell’Utri, in realta’, presenta molte analogie. Uguale il reato: il concorso esterno in associazione mafiosa, uguale il periodo in cui venne commesso, gli anni precedenti al ’94. Fino ad allora, ha scritto la Cedu, si trattava di una fattispecie non tipizzata. Solo successivamente, con la sentenza Demitry, la condotta e’ stata definita. Prima di allora dunque il reato non esisteva. In seguito a questa pronuncia Contrada si e’ visto annullare la condanna anche in Italia, mentre Dell’Utri, al quale sono stati concessi i domiciliari per motivi di salute, invano ha chiesto alla Corte europea dei diritti dell’uomo la sospensione della pena – l’istanza e’ stata infatti rigettata – e inutilmente ha tentato la carta della revisione del processo.