Un nuovo studio, accettato per la pubblicazione sulla rivista “The Astrophysical Journal”, getta nuova luce sulle caratteristiche delle galassie che costituiscono l’ammasso della Vergine e soprattutto sulla loro distanza dalla Terra, sfruttando il metodo delle fluttuazioni di brillanza superficiale (SBF, dall’acronimo inglese surface brightness fluctuations) delle galassie ospiti.
Il team di ricerca, guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e composto da scienziati di varie istituzioni internazionali, ha condotto un’analisi dettagliata su un campione di circa 300 galassie nell’ambito della Next Generation Virgo Cluster Survey (NGVS). A parte il valore intrinseco della misura di distanze, con l’accuratezza permessa dal metodo SBF, l’analisi della distribuzione 3D delle galassie, anche di quelle più deboli e quindi meno luminose, – evidenzia l’Inaf – è la più precisa mai realizzata su questo ammasso di galassie.
NGVS è un programma di osservazioni realizzato con il Canada France Hawaii Telescope (CFHT), guidato da Laura Ferrarese dell’Herzberg Astronomy & Astrophysics Research Center di Victoria (Canada), volto a esaminare un’area di 104 gradi quadrati nella regione dell’Ammasso della Vergine, ossia la più grande concentrazione di galassie nell’universo vicino. La survey copre una vasta area dell’ammasso, dalle regioni centrali sino a quelle periferiche, e viene eseguita in cinque bande ottiche a cavallo fra la radiazione ultravioletta e il vicino infrarosso.
“Le fluttuazioni di brillanza superficiale derivano dalle fluttuazioni casuali di stelle non risolte all’interno della galassia osservata”, spiega Michele Cantiello, primo autore dell’articolo e ricercatore presso Inaf d’Abruzzo. “Qualitativamente, per la stima delle distanze, l’idea alla base del metodo è piuttosto semplice: una popolazione di stelle più vicina appare più ‘granulosa’ rispetto a una popolazione lontana, il cui profilo di luminosità appare invece relativamente liscio.
Questo metodo risulta particolarmente efficace in galassie ellittiche molto massicce, dominate da stelle vecchie ad alta metallicità, dove l’accuratezza del metodo può essere migliore del 2% sulla distanza per singole galassie”.
Attualmente, con questo metodo, è possibile misurare distanze fino a circa 600 milioni di anni luce (potenzialmente oltre un miliardo di anni luce con il James Webb Space Telescope), e non solo per galassie ellittiche, ma anche per galassie nane, nuclei di spirale, galassie peculiari, e altri oggetti celesti. “La forza di questo metodo risiede nel fatto che le misure di fluttuazioni di brillanza superficiale non richiedono lunghe campagne osservative, ma rivaleggiano per precisione con metodi che utilizzano le stelle variabili di tipo Cefeide e le supernove del tipo Ia”, aggiunge Cantiello.
Il catalogo, pubblicato inizialmente con 89 galassie, fa riferimento adesso a un altro campione di ben 300 oggetti, tutti nell’ammasso della Vergine. Questo agglomerato galattico è caratterizzato dalla presenza di numerose sotto-strutture, oggetto di studio da diversi decenni. “Attraverso il nostro lavoro, siamo riusciti a esplorare la struttura tridimensionale dell’ammasso con un livello di precisione mai raggiunto prima su un così ampio campione di galassie. Questo ammasso, il più ricco di galassie entro i 50 milioni di anni luce dal Gruppo Locale, rappresenta un punto di particolare interesse. Il nostro lavoro ha permesso di evidenziare chiaramente, ad esempio, una struttura ‘filamentosa’ che collega il nucleo principale e più vicino dell’ammasso a una struttura più distante, nota come la nube W”, aggiunge il ricercatore.
Durante la fase conclusiva dell’analisi, i ricercatori hanno notato che, esaminando le distanze delle galassie nel gruppo principale dell’ammasso (comunemente noto come sotto-ammasso A e considerato una struttura unica e “rilassata”), si individua per la prima volta un sotto-raggruppamento di galassie posizionato circa il 15% più lontano rispetto all’ammasso principale. “In pratica, sembra che il sotto-ammasso A ospiti un ulteriore piccolo gruppo lungo la stessa linea di vista, ma leggermente più distante. Per dare un’immagine visiva, potremmo pensare al sotto-ammasso A come ad una forma ‘a pera’, con una parte più larga rivolta verso l’osservatore e una parte più stretta, che ospita questo piccolo gruppo aggiuntivo”, sottolinea Cantiello.
La misura delle distanze è di fondamentale importanza in qualsiasi campo dell’astronomia, sia che si tratti dello studio di pianeti, stelle, galassie o delle costanti del modello cosmologico. Una stima affidabile delle distanze è un prerequisito essenziale per conoscere le caratteristiche fisiche fondamentali dell’oggetto studiato, come le dimensioni fisiche, la luminosità, la massa, e così via. Lo studio rappresenta un passo significativo verso una comprensione più approfondita della formazione e dell’evoluzione delle galassie e degli ammassi galattici. “Da questo lavoro seguirà una serie di studi dello stesso tipo realizzati con i dati dal satellite Euclid, dal telescopio LSST e altri, che copriranno però l’intero cielo”.
“Attualmente, – conclude Cantiello – la comunità mondiale che si occupa di misure di SBF è numericamente esigua, e le persone coinvolte possono essere contate sulle dita di due mani. Oggi, nella comunità italiana, con il coinvolgimento del gruppo Euclid di Roma e Firenze, insieme alla partecipazione italiana alle attività di LSST, l’interesse e la discussione su questo argomento sono decisamente più ampi”.