Amnesty International nel suo annuale rapporto punta il dito sul dilagare di problemi come la discriminazione e l’odio. Non è un caso che il dossier 2017-2018 sia stato presentato a Washington, e non come al solito a Londra, perché “il via a questa situazione lo ha dato in qualche modo il presidente Donald Trump, approvando all’inizio del 2017 il Muslim ban, volto a impedire l’arrivo negli Stati Uniti dei cittadini di determinati Paesi a maggioranza musulmana”. “Abbiamo individuato dei temi che sono comuni in tutto il mondo. Uno di questi è l’aumento della discriminazione e dell’odio sponsorizzati dagli stessi stati, come abbiamo visto accadere qui negli Stati Uniti” ha dichiarato Margaret Huang direttore esecutivo di Amnesty America. Lanciando il rapporto annuale, Amnesty vuole sottolineare come l’arretramento della presidenza Trump sui diritti umani stia stabilendo un precedente molto pericoloso anche per altri governi sdoganando atteggiamenti e pratiche fino a qualche tempo fa ritenute impensabili. “Abbiamo un presidente che nei suoi primi mesi di governo ha appoggiato l’uso della tortura, potete immaginare cosa significhi questo per altri paesi nel mondo che usano abitualmente la tortura. Il risultato finale è fatale” aggiunge Salil Shetty Segretario Generale di Amnesty. Nel rapporto si denuncia quindi la tendenza dei leader politici a promuovere le fake news per manipolare l’opinione pubblica e ad attaccare i media tanto da far prevedere che “quest’anno la libertà di espressione sarà un terreno di battaglia per i diritti umani”. Sono stati almeno 312 gli attivisti per i diritti umani uccisi nel 2017 e 262 i giornalisti messi in prigione per motivi legati allo svolgimento del loro lavoro soprattutto in Turchia, Egitto e Cina. In Messico 11 giornalisti sono stati assassinati.