Ristoranti aperti soltanto per l’asporto, gestori dei bar costretti a servire i clienti fuori dalla porta. Un incubo per tanti italiani. Ma non per tutti. I deputati e i senatori, infatti, possono ancora sedersi al tavolo per pranzare o appoggiarsi al bancone per bere un caffè. Il ristorante della Camera e il bar del Senato, infatti, continuano a svolgere il servizio come sempre. In Parlamento la pandemia sembra aver sconvolto molto meno la quotidianità dei suoi inquilini. Il ristorante di Montecitorio funziona: i deputati si possono sedere ai tavoli, che nelle ultime settimane sono stati ridotti, e ordinare i piatti che preferiscono, proprio come facevano l’anno scorso. È chiusa la buvette, cioè il bar che si trova di fronte all’ingresso dell’Aula, ma i due locali in cui vengono preparati piatti caldi, uno al piano terra e l’altro a pochi metri dal transatlantico, continuano a essere in attività come prima, forse anche più di prima non avendo la concorrenza dei ristoranti che si trovano nella zona.
Ma c’è una differenza: il locale che si trova al piano terra, piuttosto spartano, è frequentato dai dipendenti. Del resto ha sempre avuto il self service. Mentre quello del primo piano è un vero e proprio ristorante a disposizione degli onorevoli. Invece a Palazzo Madama è aperta la buvette, dove i parlamentari possono prendere un caffè o un cappuccino, una bibita o un tramezzino. È tutto regolare, previsto dai decreti che si sono susseguiti negli ultimi dodici mesi. I testi firmati dall’ex premier Giuseppe Conte e anche l’ultimo dal presidente Mario Draghi, infatti, hanno dato la possibilità alle mense aziendali di rimanere aperte. Ecco lo stratagemma. Benché quasi nessuno assimilerebbe il Parlamento a un’impresa, il lussuoso ristorante di Montecitorio è considerato proprio una “mensa aziendale”. Il decreto del 14 gennaio 2021 spiega che sono “consentite le attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”. E così è stato fatto a Montecitorio. Nel corso dei mesi lo spazio tra i tavoli è diventato più ampio (quando le linee guida hanno consigliato una distanza di due metri) ma il servizio non è mai stato interrotto.
All’inizio la norma doveva salvare soltanto le mense aziendali (anche quelle nelle scuole), poi l’interpretazione è diventata “estensiva”, fino a comprendere i ristoranti che prevedono il servizio al tavolo. E allora alcuni gestori, messi a dura prova dalle restrizioni, hanno pensato di “trasformare” la loro attività in mensa. Tuttavia sono rimasti delusi: per loro l’operazione è risultata molto più complicata. C’è bisogno, infatti, dell’autorizzazione delle autorità territoriali competenti, bisogna cambiare il codice Ateco, acquisendo, appunto, quello di mensa aziendale, serve anche la segnalazione certificata di inizio attività con tutta la documentazione richiesta e la stipula di un contratto tra il locale e le aziende limitrofe in cui siano previste specifiche convenzioni per i lavoratori. Un percorso accidentato per i gestori dei locali italiani, già provati da chiusure e continui cambi di regole. Ma i parlamentari possono stare tranquilli e continuare a ordinare i loro piatti preferiti al ristorante o alla buvette. Pardon, alle loro “mense”.