Il male di vivere colpisce anche i pesci. Soprattutto quelli che nuotano nella boccia con pochi – o nessuno – diversivi ad elettrizzare la loro noiosissima giornata (e forse per immaginarlo non c’era bisogno di alcuno studio….). I piu’ recenti studi stanno fornendo una base scientifica al processo di umanizzazione dei pesci, finora descritto solo nei cartoni. E non solo gli esperti hanno dimostrato questa analogia tra pesci e umani, ma hanno eletto i primi a modello di studio per le ricerche sugli anti-depressivi. “La neurochimica dei pesci e dei loro proprietari e’ cosi’ simile da far spavento”, ha spiegato al New York Times Julian Pittman, professore al dipartimento di Scienze ambientali e biologiche della Troy University, Alabama, dove sta conducendo degli studi per curare la depressione grazie all’aiuto di piccoli pesci zebra. “Tendiamo a classificarli come organismi semplici ma c’e’ molto che ancora non sappiamo di loro”. Pittman, che li osserva quotidianamente, non ha dubbi sul fatto che possano soffrire di depressione. E non e’ solo un’impressione: per provare la sua tesi ha ideato il test della boccia che consiste nello spostare il pesce in un nuovo recipiente e osservare il suo comportamento. Se dopo cinque minuti si stanzia nella meta’ inferiore della boccia, o addirittura sul fondo, e’ depresso. Se invece nuota verso l’alto e staziona nella meta’ superiore allora non lo e’. Ma si puo’ realmente utilizzare il termine “depressione” quando si descrive lo stato d’animo di un pesce? Forse non nel senso chimico del termine, con tanto di sostanze rilasciate dal cervello (o almeno questo e’ ancora da provare), ma di sicuro – spiega Pittman – “in loro si osserva quella perdita di interesse verso le cose, la natura e la vita tipica dei soggetti depressi”. Gli fa eco Culum Brown, biologo comportamentale della Macquarie University di Sidney: “Le persone affette da depressione sono introverse, chiuse, tendono a isolarsi. Lo stesso vale per i pesci”. La buona notizia e’ che per i pesci domestici una soluzione c’e’: se la causa scatenante e’ la mancanza di stimoli, basta creare dei diversivi, suggerisce Victoria Braithwaite, docente di biologia marina alla Penn State University. Giochi, alghe, rocce aiutano molto: un ambiente ricco, tutto da esplorare, abbassa il livello di stress e aumenta la crescita cerebrale. Attenti solo a non introdurre troppi esseri viventi nella boccia che consumerebbero l’ossigeno.