C’è anche un nuovo pentito dietro i cinque fermi che hanno dato un duro colpo ai clan palermitani, troncando la reggenza della famiglia del mandamento di San Lorenzo: Sergio Macaluso, ex vertice del mandamento di Resuttana ha infatti confermato i risultati delle indagini che i carabinieri del nucleo investigativo di Palermo stavano portando avanti. Una conferma che ha portato la procura a emettere un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di cinque indagati, accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, incendio, tutti commessi con l’aggravante del metodo e finalità mafiosi. Tra i fermati spicca Giuseppe Biondino, considerato dagli investigatori il reggente del mandamento di San Lorenzo. Giuseppe, 40 anni, è il figlio dell’ergastolano Salvatore, uomo di fiducia di Riina e l’ultimo vero capo clan della famiglia di San Lorenzo. Salvatore Biondino, noto come l’autista di Riina, perché era lui alla guida della macchina quando il capo dei capi fu arrestato il 15 gennaio 1993, è in carcere in regime di 41 bis, condannato quale membro della cupola delle stragi. Il figlio Giuseppe era stato arrestato nell’indagine Perseo del 2008, indagine dei carabinieri che fermò sul nascere il progetto di ricostituzione della provinciale mafiosa di Palermo. Al termine del procedimento penale fu assolto dall’accusa di associazione mafiosa, fece ricorso per il periodo trascorso in carcere e ha ottenuto anche il risarcimento dallo Stato per ingiusta detenzione. I cinque fermi di oggi, nascono come seguito dell’operazione Talea del dicembre 2017, condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Palermo nei territori di San Lorenzo e Resuttana. Uno spin off di quell’indagine, che i carabinieri hanno portato avanti e Sergio Macaluso, uno dei vertici del mandamento di Resuttana, finito in carcere con l’operazione Talea, ha confermato le risultanze delle nuove indagini.[irp]
Due settimane fa, Macaluso, in carcere per estorsione e associazione mafiosa, ha chiesto di poter parlare con l’autorità giudiziaria e una parte delle sue dichiarazioni è stata usata per corroborare quanto emerso dalle indagini, confermando la fotografia del nuovo assetto mafioso a Palermo. Un quadro probatorio che ha portato la procura distrettuale di antimafia di Palermo all’emissione del decreto di fermo. Ma nell’indagine hanno avuto un ruolo importante anche le denunce di alcune vittime di estorsione. “Voglio innanzitutto ringraziare l`autorità giudiziaria per l`impegno e lo sforzo quotidianamente profusi in un territorio caratterizzato dall`endemico fenomeno mafioso. Un grazie anche ai ‘miei’ carabinieri che giornalmente operano al servizio dei cittadini per l`affermazione della legalità”, ha dichiarato il colonnello Antonio di Stasio, comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, sottolineando: “Nel corso degli anni cosa nostra, pur avendo mutato pelle e diversificato i propri affari, continua ad essere viva e impegnata, anche attraverso il ‘pizzo’, nella ricerca quotidiana e ossessiva di denaro”. “Per questo – ha concluso il comandante dei carabinieri di Palermo – a tutti i cittadini, ai commercianti e agli imprenditori di questa stupenda terra esprimo la mia gratitudine per essersi, ancora una volta, affidati allo Stato, continuando a denunciare gli estortori”.[irp]