Cronaca

Ancora bufera procure, ora Fuzio è anche indagato. La difesa: “Pronto a chiarire”

Il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio e’ stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Perugia. L’ipotesi di reato sarebbe rivelazione di segreto d’ufficio. E si riferirebbe all’incontro tra Fuzio e il pm romano Luca Palamara, indagato dalla procura di Perugia per corruzione. Fuzio “e’ pronto a rendere ai pm tutte le dichiarazioni per chiarire e confida in un veloce chiarimento perche’ ha agito nel rispetto delle regole e soprattutto in assoluta buona fede” dichiara l’avvocato Grazia Volo, che e’ stata incaricata dal pg Fuzio. Tuttavia, ci sarebbero denunce contro Fuzio, fatte in qualita’ di magistrati e cittadini. In queste ore ne stanno partendo diverse e tra i primi a trasmetterle alla Procura di Perugia ci sono i sostituti procuratori di Rimini, Davide Ercolani e Luca Bertuzzi, e il sostituto procuratore di Padova, Sergio Dini. Negli atti i magistrati scrivono di aver appreso dalla stampa delle conversazioni tra Fuzio e l’ex consigliere Csm Luca Palamara, indagato per corruzione.

Dunque, non si placa la tempesta su Fuzio. All’indomani della sua decisione di essere collocato a riposo con un anno di anticipo comunicata ieri al capo dello Stato, che ne ha apprezzato il “senso di responsabilita’”, Fuzio e’ stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Perugia, lo stesso ufficio che sta conducendo l’inchiesta sul pm romano Luca Palamara per corruzione. Le denunce gia’ trasmesse fanno esplicitamente riferimento agli articoli da cui “emergerebbe – scrivono i denuncianti – che l’Alto Magistrato avrebbe discusso con Palamara di una indagine a suo carico aperta dalla Procura di Perugia, e che gli avrebbe rivelato alcuni atti di detta indagine”. L’incontro avvenne il 21 maggio scorso e venne intercettato con il trojan inserito nel cellulare del pm romano, accusato di corruzione perche’ avrebbe ricevuto regali e viaggi dal suo amico imprenditore Fabrizio Centofanti e in cambio avrebbe messo le sue funzioni a disposizione dell’uomo di affari.

Palamara aveva gia’ saputo di essere indagato e cercava di procurarsi informazioni. Provo’ anche con Fuzio con cui aveva lavorato insieme e condiviso la comune militanza in Unicost. Il Pg, come lui stesso ha raccontato in una lettera inviata qualche giorno ai magistrati della procura generale della Cassazione, se lo ritrovo’ a “sorpresa” sotto casa. E interloqui’ con lui per “garbo caratteriale”, ma senza rivelargli nulla che non gli fosse gia’ noto: “non ho indicato ne’ offerto al dottor Palamara alcuna notizia riservata,essendomi limitato a ribadire quello che gia’ sapeva”, ha spiegato Fuzio ai colleghi nella missiva. Intanto, l’8 luglio il Csm si pronuncera’ sulle istanze di ricusazione presentate dal pm romano Luca Palamara nei confronti di due dei suoi giudici disciplinari. Il vice presidente del Csm David Ermini ha infatti costituito il collegio che se ne dovra’ occupare, evitando che ci siano rinvii nel giudizio sulla sospensione dalle funzioni e dallo stipendio di Palamara chiesta dal Pg Riccardo Fuzio. L’udienza e’ gia’ fissata per il giorno successivo, il 9 luglio.

Nell’udienza sulla ricusazione Piercamillo Davigo sara’ sostituito da Loredana Micciche’ (il secondo giudice di legittimita’), mentre il pm Sebastiano Ardita (visto che e’ stata accolta la nuova richiesta di astensione di Giuseppe Cascini) da Alessandra Dal Moro, che e’ un giudice. E’ questa la decisione presa dal vicepresidente David Ermini. In particolare, e’ stata disposta la sostituzione di un componente appartenente alla categoria dei pm (Ardita) con un componente appartenente alla categoria dei giudici di merito, quindi sempre un togato, in assenza di altri pm (dopo le dimissioni di Spina e Lepre e la reiterata astensione di Cascini), attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 6, quinto comma, della legge istitutiva del Csm, nel senso di preservare il funzionamento della sezione disciplinare e il continuativo svolgimento dell’attivita’ giurisdizionale, dato che bloccare tale attivita’ violerebbe il principio di indefettibilita’ e di continuita’ del potere disciplinare sancito dalla Costituzione e dalla Corte costituzionale (sentenza n. 262/ 2003).

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