Nuovo capitolo dello scontro tra il centrodestra e la magistratura. A parlare è stavolta il senatore di Forza Italia e vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, che non si trattiene nelle critiche alle toghe, con cui la tensione è salita dopo i casi Santanché e Delmastro degli ultimi giorni. “Dopo Albamonte parla anche Santalucia – denuncia il senatore azzurro -. Noi invochiamo tutti i Santi del paradiso invece. La vicenda dell’imputazione coatta a Delmastro, dopo la richiesta favorevole all’indagato da parte della Procura ci sconcerta e riapre il dramma dell’uso politico della giustizia. È la dimostrazione che, istigati dai capi delle toghe rosse, ampi settori della Magistratura vogliono contestare l’autonomia e la potestà del potere esecutivo e del potere legislativo. Si sta rinnovando la gravissima lesione dei principi di fondo della nostra Costituzione da parte delle toghe”.
Secondo Gasparri, “siamo di fronte a una vera e propria rivolta, solo perché si vuole attuare una riforma che renda più rapidi i tempi della giustizia, più trasparenti le sue procedure, che allontani il peso del condizionamento politico dal mondo togato. Chi si oppone a tutto questo vuole evidentemente la politica, di sinistra, a comandare le toghe, una giustizia infinita che massacri i cittadini senza mai arrivare a decisioni, procedure tutt’altro che trasparenti con avvisi segreti dati ai giornalisti e non agli interessati. Questa volta non prevarranno. La Magistratura sta attentando alla Costituzione. E questo non può essere ignorato da chi ha la massima responsabilità di presiedere questa super casta che si ritiene sovrana ed intoccabile” ha concluso il senatore di FI. Ad accendere la miccia in tarda mattinata è stato il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, parlando al Comitato direttivo dell’Associazione. Secondo Santalucia, “il sospetto” è che i progetti di riforma del governo sulla giustizia, tra cui la separazione delle carriere, “vengano sbandierate non perché servano a un miglioramento dell’attuale sistema ma come misura di punizione nei confronti della magistratura”.
Il documento dell’Anm
Da qui “chiedo con rispetto e umiltà” al governo e alla maggioranza “di cambiare passo – ha aggiunto Santalucia – non si può andare a una riforma costituzionale con questo passo”. In ogni caso, l’Associazione nazionale dei magistrati ritiene “un dovere” e “non interferenza” intervenire nel dibattito in corso sulle riforme della Giustizia. In un documento approvato oggi all’unanimità dal Comitato direttivo centrale, l’Anm ritiene che “intervenire nel dibattito che, fisiologicamente, precede e accompagna ogni proposta di riforma legislativa capace di incidere proprio sui diritti e sulle libertà sia propriamente un dovere dell’Associazione Nazionale Magistrati: è un dovere perché il nostro intento è solo quello di far conoscere all’opinione pubblica, ed alle istituzioni cui poi spetta il compito delle decisioni e delle scelte, ogni aspetto, ogni profilo, ogni implicazione sottesi alle annunciate riforme”.
“Lungi dall’essere un’interferenza – prosegue il documento, dal titolo ‘L’essenziale ruolo dell’Anm’ – è la pretesa di essere ascoltati perché portatori di conoscenze ed esperienze proprie del nostro ruolo; e perché tra i compiti – altissimi – della nostra Associazione vi è quello, irrinunciabile, di presidiare i valori essenziali dell’indipendenza e dell’autonomia, e di tutti quelli che vi sono indefettibilmente collegati”. “Ecco – conclude il documento – perché non rinunceremo mai a far sentire la nostra voce; ed ascoltarla, da parte di chi ha poi la responsabilità di compiere le scelte come espressione della sovranità popolare, è, per noi, indice, e dimostrazione, della qualità della democrazia”.
Le reazioni
Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d`Italia alla Camera dei deputati, in un’intervista al Corriere della Sera ha sottolineato che “nessuno vuole aprire una guerra tra politica e magistratura certamente non noi, ma sta accadendo qualcosa di molto preoccupante. Noi siamo per una giustizia che funzioni, ma non siamo certo giustizialisti. Semmai è successa un’altra cosa: il ministro Nordio non aveva ancora illustrato la sua riforma e l’Anm già la contestava”. “Meloni come Berlusconi – ha chiosato invece Debora Serracchiani, responsabile Giustizia nella segreteria Pd -. L`unica differenza è che lui ci metteva la faccia e lei si nasconde dietro fonti anonime. Ha gettato la maschera: il suo garantismo è solo per i sodali di partito. Per i cittadini comuni un florilegio di nuovi reati e ai politici amici la pretesa dell`impunità”.