Il presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, oggi in Commissione Antimafia, ha accennato di aver presentato due dossier alla Commissione “perché rivelano il contesto e il clima in cui il mio governo si è dovuto confrontare sin dall’inizio”. “Eravamo ai primi di novembre del 2012 – ha raccontato Crocetta – e arrivò una telefonata dagli Stati Uniti ad un mio collaboratore che disse: ‘dite al presidente che farà la fine di Mattarella’. Poi ne sono arrivate tante altre, che vanno da telefonate anonime a proiettili ricevuti, alla minaccia di essere ammazzato insieme ad Antoci. Sono una persona molto serena e non posso pensare che quelle minacce vengano da fonti istituzionali. Non ho mai dato molto peso alle minacce, ormai ci ho fatto il callo, è una vicenda che vivo sin dalla mia elezione a sindaco di Gela nel 2003. Non mi faccio impressionare, diciamo che finora sono stato fortunato”. Ai giornalisti che, al termine dell’audizione, gli chiedevano se si trattasse di minacce legate al Muos, ha risposto: “Come si fa a dire? Anche perché poi la questione del Muos l’ha risolta sostanzialmente la magistratura, un po’ come è successo per il termovalorizzatore di Parma”. “Un politico può trovare da ridire ma un amministratore – ha concluso Crocetta – non ha scelte: il ministero della Difesa ci chiedeva 39 mila euro al giorno per il mancato funzionamento, la Regione sarebbe fallita nel giro di pochi mesi”.