Antimafia, Di Lello: “Juventus anche concorre nel reato”. Proposta di legge contro bagarinaggio
PALLE E GIUSTIZIA Oggi in Commissione l’audizione dei pm di Torino. Fava: grave quanto successo, venga audito Agnelli
“Secondo la Procura di Torino la Juventus non è parte lesa ma neanche concorre nel reato: dunque, c’è una grande zona grigia che è esattamente il terreno su cui la Commissione ha il dovere di investigare anche per proporre poi soluzioni normative”. Lo ha detto il presidente del Comitato Mafia e Sport della Commissione Antimafia, Marco Di Lello (Pd), al termine dell’audizione dei pm di Torino sul caso che ha sfiorato la Juve. Infatti oggi, era in programma in Commissione antimafia l’audizione dei pm della procura di Torino che, nel quadro dell’inchiesta ‘Alto Piemontè sulla ‘ndrangheta nel Nord-Ovest, hanno indagato sul business del bagarinaggio. Un ex capo ultras (che adesso compare fra i 23 indagati per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio) è accusato di avere messo in contatto un componente della famiglia Dominello, considerata una emanazione del clan Pesce Bellocco, con la dirigenza della Juventus. Fu steso, secondo gli inquirenti, un vero e proprio patto, come riporta ilmattino.it: il boss avrebbe fatto da portavoce ad alcuni gruppi della tifoseria organizzata, mantenendo “la pace nella curva”, e in cambio avrebbe ricevuto quote di biglietti da distribuire ai supporter o da trattenere per sè e destinare al bagarinaggio. “Alla fine del nostro lavoro non ci limiteremo ad una relazione – ha affermato Marco Di Lello -: l’ambizione è proporre al Parlamento una proposta normativa. Il tema del bagarinaggio è rilevante: è spesso fonte di approvvigionamento per la criminalità organizzata ma è anche un fenomeno insopportabile pe i cittadini. Vale per il calcio, i concerti ecc. Oggi il bagarinaggio non è un reato: interroghiamoci se non è il caso di trasformare un illecito amministrativo in un illecito penale”.
INCONTRI DI AGNELLI A carico della società bianconera non sono emersi reati penali. Le carte, però, sono passate alla procura della Figc, le cui indagini si sono concluse con parole d’accusa nei confronti di Andrea Agnelli, citato dal capo ultras: “mi vidi con lui e parlammo della gestione di biglietti e abbonamenti”. Dunque, secondo il Fatto quotidiano invece, nella sua relazione il procuratore Figc parlerebbe di incontri di Agnelli “con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria ultras” Mentre lavoravano su ‘Alto Piemontè i pubblici ministeri di Torino hanno interrogato tre dirigenti juventini: l’allora responsabile del marketing Francesco Calvo (poi passato al Barcellona) e i delegati del settore biglietteria e sicurezza Alessandro D’Angelo e Stefano Merulla. Non sospettavano che Dominello fosse legato alla ‘ndrangheta, non presero informazioni specifiche su di lui. Sembrava soltanto una persona in grado di svolgere con “efficacia” l’incarico. In ogni caso, non c’è prova che i dirigenti fossero consapevoli di stare agevolando la criminalità organizzata. “Nessun dipendente o tesserato della Juventus è stato indagato in sede penale”, ribadisce dunque oggi la società, precisando di avere “sempre collaborato” con la giustizia, quella penale e quella sportiva.
FAVA “Appaltare la sicurezza negli stadi a frangie di ultras infiltrati da elementi della criminalità mafiosa è cosa irrituale e preoccupante. E grave aver permesso che a gestire il bagarinaggio su biglietti e abbonamenti della Juventus fosse l’esponente di una solida e nota famiglia di ndrangheta. Che tutto questo poi sia accaduto con il consapevole coinvolgimento del responsabile biglietti e del responsabile sicurezza della società appare ancora più grave. Per tutto questo chiederò che in commissione venga audito anche il presidente della Juventus Andrea Agnelli”. Lo dichiara Claudio Fava, vicepresidente della Commissione nazionale antimafia al termine dell’audizione dei magistrati torinesi che seguono il caso Juve.