Cinque milioni di euro: a tanto ammonta la sanzione inflitta dall’Antitrust a Vodafone, Wind, Telecom e H3G accusate di aver fornito ai propri clienti “servizi Internet non richiesti” che venivano addebitati ai clienti stessi. A far scattare i sovrapprezzi nel corso della navigazione erano pop-up e banner. La decisione da parte dell’Antitrust di multare le quattro compagnie telefoniche è arrivata dopo numerose segnalazioni giunte dai consumatori nel corso del 2014, che hanno portato all’accusa per gli operatori telefonici di “pratiche commerciali scorrette“. Ecco l’entità delle varie maxi-ammende che sono state comminate: H3G e Telecom dovranno pagare 1,75 milioni di euro a testa, mentre sono 800 mila gli euro a carico di Vodafone e Wind. A finire nella lente di ingrandimento dell’Antitrust sono stati i servizi che vengono definiti premium, ovvero quei video e giochi ai quali si accede mentre si naviga con lo smartphone tramite pop up, landing page e banner che consumano il credito a disposizione dei clienti.
La pratica scorretta da parte dei quattro operatori è stata attuata – secondo gli accertamenti compiuti dall’Antitrust – attraverso due condotte: in primo luogo l’assenza di informazioni riguardo il fatto che il contratto che veniva sottoscritto dal cliente pre-abilitava la Sim a ricevere servizi con sovrapprezzo; alla mancanza di informazioni si affiancava l’omissione circa l’esistenza di un blocco selettivo in grado di impedire la ricezione di tali servizi. Il cliente che avrebbe voluto avviare la procedura di blocco, avrebbe dovuto avanzare un’esplicita richiesta di adesione. La seconda condotta ritenuta scorretta riguardava il comportamento che l’Autorità che opera a garanzia della concorrenza ha ritenuto aggressivo da parte delle compagnie telefoniche, che prevedeva l’utilizzo di una procedura automatica per l’attuazione del servizio e la relativa fatturazione, senza che vi fosse da parte del cliente l’autorizzazione al pagamento; a ciò si aggiungeva la completa mancanza di controllo sulla reale attendibilità delle richieste di attivazione che giungevano dai fornitori dei servizi a pagamento, che erano dei soggetti esterni al rapporto fra l’operatore e l’utente. L’Antitrust ha svolto le sue ispezioni avvalendosi della collaborazione fornita dalla Guardia di Finanza.
Secondo il giudizio dell’Antitrust, le quattro aziende telefoniche sono state ritenute responsabili poiché hanno tratto un vantaggio economico ben preciso derivante dall’attivazione di tali servizi premium, poiché i ricavi provenienti dai servizi erogati vengono condivisi fra l’operatore e il fornitore. Dal costo del servizio, infatti, la compagnia telefonica trattiene una percentuale elevata (le indagini, però, non sono state in grado di quantificarla). C’era dunque piena consapevolezza da parte dell’operatore circa tali attivazioni e addebiti di servizi non richiesti che andavano ad intaccare pesantemente il credito telefonico degli utenti.