Uomo d’azione, eloquente, socialista moderato di fede cattolica ed europeista, Antonio Guterres, attende la formalizzazione della sua nomina a nuovo segretario generale delle Nazioni Unite e già si impone come il leader che potrebbe rilanciare ‘il governo del mondo’ in una fase a dir poco delicata, tra conflitti ed emergenza migratoria senza precedenti. A gennaio subentrerà a Ban Ki-moon. L’ex premier portoghese, 67 anni, ha guadagnato come Alto commissario Onu per i Rifugiati le mostrine che lo hanno accreditato come candidato più credibile durante le votazioni al Consiglio di Sicurezza. Tanto accreditato da mettere d’accordo Russia e Stati Uniti, in un momento di particolare tensione che inevitabilmente chiama in causa anche il Palazzo di vetro. Messo alla prova dalla più grave crisi dei rifugiati della storia recente, provocata dalla guerra civile in Siria, il 67enne Guterres non ha cessato di avvertire la Comunità internazionale sulla necessità di una maggiore solidarietà nei confronti dei milioni di migranti e richiedenti asilo. Ma il bilancio dei suoi due mandati alla guida dell’Unhcr (dal 2005 al 2015) comprende anche una profonda riforma del suo funzionamento interno, che ha permesso di ridurre di un terzo il personale stanziato a Ginevra a tutto vantaggio della sua capacità di interventi di urgenza. Nato a Lisbona il 30 aprile del 1949 e laureatosi in ingegneria, Guterres ha iniziato la sua carriera politica nei movimenti cattolici prima di entrare nel Partito Socialista portoghese, nel quale ha vissuto la Rivoluzione dei Garofani del 1974 per poi essere eletto per la prima volta in Parlamento due anni dopo, nelle prime elezioni libere dopo la fine della dittatura salazarista. Nel corso della sua carriera parlamentare Guterres si era guadagnato la fama di oratore brillante, tanto da meritarsi il soprannome di “martello pneumatico parlante”; nel 1992 diviene Segretario generale e sotto la sua guida il Ps si aggiudica le elezioni politiche del 1995, guadagnando a Guterres l’incarico di Primo ministro.
Il Portogallo stava attraversando allora un periodo di boom economico, con una situazione molto vicina al pieno impiego che permise al governo di varare il “salario minimo garantito”: l’obbiettivo principale di Guterres, europeista convinto, era però quello di far entrare Lisbona nell’euro, una scommessa vinta per il primo premier della storia portoghese ad aver completato una legislatura alla guida di un governo di minoranza. I suoi detrattori gli rimproverano tuttavia di aver contribuito al fallimento del referendum sulla depenalizzazione dell’aborto del 1998, che il governo aveva autorizzato ma in merito al quale Guterres non aveva mai nascosto al propria contrarietà al successo del “sì”. Riconfermato nel 1999, Guterres si trovò a dover affrontare la crisi di Timor Est, l’ex colonia portoghese dove al referendum di autodeterminazione avevano fatto seguito i massacri perpetrati dalle milizie filo-indonesiane: il premier portoghese riuscì a convincere la comunità internazionale della necessità di un intervento delle Nazioni Unite. Altro successo diplomatico, la presidenza di turno europea del 2000 che vide l’organizzazione del primo vertice Ue-Africa e l’approvazione dell’Agenda di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Ma proprio il peggioramento della congiuntura economica porta a un brusco calo della sua popolarità in Portogallo, e dopo la sconfitta alle municipali del 2001 Guterres preferisce rassegnare immediatamente le dimissioni dall’incarico di Segretario generale e dalla guida del governo. Presidente dell’Internazionale socialista già del 1999, Guterres da allora abbandona la politica portoghese a favore di una carriera diplomatica all’estero; nonostante il suo nome venga citato spesso fra i possibili candidati alla presidenza portoghese, ha finora sempre declinato di partecipare affermando di preferire “giocare che non fare l’arbitro”. (con fonte afp)