Il presidente argentino Mauricio Macri è il netto vincitore delle legislative di metà mandato, da cui esce rafforzato il suo corso di riforme economiche liberali con cui vuole rilanciare la terza economia dell’America Latina. Il voto di ieri – che ha visto il rinnovo di un terzo del Senato e metà della camera bassa – sancisce anche il ritorno in politica di Cristina Kirchner. L’ex presidente peronista ha infatti ottenuto un seggio: un risultato sotto le aspettative per il suo partito, ma che per lei significa una garanzia di immunità parlamentare a proteggerla da una serie di accuse di corruzione, nonché un posto da senatrice da cui orchestrare una campagna in vista delle presidenziali del 2019. I risultati quasi definitivi dello spoglio, tuttavia, proiettano Macri già ora nella posizione di gran favorito per la successione a se stesso, con un nuovo mandato, tra due anni. Il suo partito “Cambiemos” ha vinto in 13 province e nella capitale Buenos Aires. Il voto, che ha registrato un’affluenza del 78%, era ampiamente considerato un referendum sulla sua presidenza dopo due anni in carica. “Non abbiamo vinto come partito, ciò che ha vinto è la certezza che possiamo cambiare la storia, e costruire il nostro futuro con amore”, ha commentato Macri, intervenendo con toni trionfanti davanti ai suoi sostenitori a Buenos Aires. “Un’Argentina con passione non ha limiti, è impossibile fermarci”, ha affermato. Kirchner ha da parte sua sostenuto che il suo partito di centro-sinistra Unidad Ciudadana (Unità cittadina) si è distinto come unica alternativa al macrismo. “Dobbiamo essere orgogliosi di questo risultato. Unidad Ciudadana è emerso come il più forte oppositore a questo governo. “Questo è l’inizio di tutto”, ha detto l’ex presidente.
La coalizione di centro destra, al potere in Argentina da dicembre 2015, dispone attualmente solo di una maggioranza relativa, ma è riuscita a governare grazie all’alleanza con altre forze politiche. Secondo le ultime proiezioni, nella prossima camera bassa del Congresso disporrà invece di 108 seggi (rispetto agli 87 precedenti), privando l’opposizione della maggioranza di due terzi che permette di bloccare le riforme di Macri. Il blocco peronista dovrebbe restare a 145 seggi. Malgrado le dichiarazioni di Kirchner, che ha fatto campagna elettorale chiedendo di “mettere un freno” al corso di riforme liberal di Macri, “il peronismo ha subito una sconfitta”, fa notare l’analista Mariel Fornoni. La vittoria di Macri si traduce in una batosta per il populismo e nella possibilità “di tenere diritta la barra del corso economico”, sostiene il politologo Rosendo Fraga della società di consulenze New Majority: “Ora l’obiettivo è la rielezione di Macri nel 2015”, aggiunge. A parte le province e la città di Buenos Aires, i candidati di Cambiemos sono andati molto bene a Cordoba, Mendoza e Santa Fe. Il partito di Macri è in realtà un cartello composto da partiti di destra, centro-destra e social-democratici della storica Unione Civica Radicale. Cinquantotto anni, ingegnere di professione, rampollo di una facoltosa famiglia, Macri è alla presidenza da due anni, con il primo marcato da una contrazione del 2,3% dell’economia e il secondo da una ripresa che ha visto il pil argentino avanzare dell’1,6% nei primi sei mesi dell’anno. Ma i ritmi di crescita restano ampiamente sotto i livelli registrati fino al 2010 con il ‘tandem’ presidenziale di Nestor e Cristina Kirchner, al potere dal 2003 al 2015. Il corso di riforme lanciato da Macri ha ottenuto il sostegno di Usa, Ue e delle istituzioni economiche internazionali e ora anche l’elettorato argentino sembra approvare.