Arrestato e messo in aspettativa, giudice di Palermo torna in servizio
GIUSTIZIA Il Csm ha imposto che venga ricostruita la carriera del magistrato e pagargli le differenze retributive negli ultimi sette anni
Il Csm lo aveva “collocato in aspettativa d’ufficio”, ma ha vinto il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato ed è rientrato forzatamente in servizio, con l’obbligo, imposto all’organo di autogoverno dei giudici, di ricostruirgli la carriera e pagargli le differenze retributive negli ultimi sette anni. Decine di migliaia di euro. Giovanni Bulfamante, magistrato di sorveglianza di Palermo, era stato dispensato dal servizio nel 2006 dopo che per due volte, tra il 2003 e il 2004, era stato arrestato per resistenza agli agenti intervenuti per calmarlo mentre litigava con la moglie. Il Csm aveva deciso la sospensione a tempo indeterminato, ma il magistrato 65enne non aveva ascoltato il giudice con le garanzie di legge, cioe’ con un avvocato o con un altro magistrato come difensore. Da qui un vizio insanabile di forma, rilevato dai giudici amministrativi, che avevano disposto il rientro in servizio di Bulfamante. Palazzo dei Marescialli non aveva mai applicato questa decisione, per sette anni, e a ottobre il Consiglio di Stato ha nominato un commissario ad acta per organizzare il rientro in servizio. A quel punto la riammissione e la contestuale riapertura di un procedimento diretto a una nuova collocazione in aspettativa d’ufficio. Ma Bulfamante potra’ rientrare in servizio, anche in virtu’ – scrivono i giudici amministrativi – del principio di inamovibilita’ di chi esercita la giurisdizione.