Ai beni culturali parte la rivoluzione targata Franceschini. In pratica, l’amministrazione viene resa piu’ snella, efficiente e meno costosa attraverso: l’ammodernamento della struttura centrale e la semplificazione di quella periferica; l’integrazione definitiva tra cultura e turismo; la valorizzazione dei musei italiani (20 musei di interesse nazionale dotati di piena autonomia gestionale e finanziaria con direttori altamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche); il rilancio delle politiche di innovazione e formazione; la valorizzazione delle arti contemporanee; la revisione delle linee di comando tra centro e periferia (semplificazione delle procedure per ridurre i contenziosi) ed il taglio delle figure dirigenziali (37 dirigenti in meno). Franceschini, tuttavia, ha precisato che queste nuove figure “saranno soggette a delle procedure molto rigide di valutazione con una commissione fatta anche di esperti internazionali che li valuteranno da tutti i punti di vista”. Stessi criteri di valutazione, ha detto ancora il ministro, “per le Soprintendenze”. Il ministro ha specificato, infine, che “anche gli attuali direttori potranno partecipare ai concorsi pubblici”.
In dettaglio, a guidare il Colosseo e l’area archeologica di Roma arrivera’ un superdirettore selezionato attraverso un concorso pubblico aperto anche a stranieri che si occupera’ della valorizzazione del monumento piu’ famoso del mondo. Per l’Anfiteatro Flavio e altri otto siti italiani prevede l’introduzione di un direttore con qualifica di dirigente di prima fascia autonomo rispetto alla Soprintendenza. Insieme al Colosseo e all’area archeologica di Roma, nella lista per Roma tra gli altri anche la Galleria nazionale d’arte moderna e la Galleria Borghese. E poi ancora Pompei, gli Uffizi, la Pinacoteca di Brera, la Reggia di Caserta, le Gallerie dell’Accademia di Venezia e anche Capodimonte. Sono questi i musei che verranno diretti non piu’ da funzionari, ma da dirigenti di prima fascia del ministero dei Beni culturali. “Abbiamo preso i nove piu’ grandi musei italiani – ha detto il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini – che avranno un dirigente di prima fascia e altri undici grandi musei che avranno un dirigente di seconda fascia”. E che saranno il Museo nazionale romano, il Museo archeologico nazionale di Taranto, la Galleria dell’Accademia di Firenze, il Museo archeologico nazionale di Napoli, il Museo nazionale d’arte antica di Roma, il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, la Galleria estense di Modena, la Galleria sabauda, il Palazzo reale di Genova, il Museo nazionale del Bargello e Paestum.
E’ previsto un taglio di 31 dirigenti di seconda fascia e di 6 dirigenti di prima fascia. Sforbiciate che rientrano nelle “disfunzioni” nel mirino di Franceschini come l’eccessiva moltiplicazione delle linee di comando e numerose duplicazioni tra centro e periferia; assoluta mancanza di integrazione tra i due ambiti di intervento del ministero, la cultura e il turismo; il congestionamento dell’amministrazione centrale, ingessata anche dai tagli degli ultimi anni; cronica carenza di autonomia dei musei italiani che ne limitano grandemente le potenzialità; ritardo del ministero nelle politiche di innovazione e di formazione.
Altro punto rivoluzionario della riforma è quello che tocca i musei italiani: chi è chiamato a dirigerli non soffrirà al confronto con i propri omologhi all’estero perché sarà, nei casi indicati, un dirigente di prima fascia, quindi dotato dell’autonomia che gli consente una gestione più responsabile, efficiente, creativa. Restando nello stesso ambito il Decreto del presidente del Consiglio prevede la creazione in ogni Regione di “poli museali regionali, articolazioni periferiche della Direzione generale musei, incaricati di promuovere gli accordi di valorizzazione previsti dal Codice e di favorire la creazione di un sistema museale tra musei statali e non statali, sia pubblici, sia privati”.