Artemisia Gentileschi in mostra a Roma: grande artista e donna

Artemisia Gentileschi in mostra a Roma: grande artista e donna
30 novembre 2016

È un omaggio a una grande donna e ad una grande artista la mostra “Artemisia Gentileschi e il suo tempo”, ospitata a Palazzo Braschi a Roma fino al 7 maggio. Protagonista dell’arte della prima metà del XVII secolo, donna coraggiosa e volitiva, dialogò e si confrontò con i grandi pittori del suo tempo. La mostra espone proprio alcuni suoi capolavori, fra cui “Giuditta che taglia la testa a Oloferne”, “L’autoritratto come suonatrice di liuto”, “Susanna e i vecchioni”, “L’aurora”, insieme ai quadri di artisti come Cristofano Allori, Giovanni Baglione, Giovanni Martinelli.

Cento opere, in tutto, che seguono le tappe della sua biografia: gli esordi a Roma, l’allontanamento dalla città dopo lo stupro da parte di Agostino Tassi e il processo che segnò drammaticamente la sua vita, gli anni di Firenze, tra il 1613 e il 1320, dove incontrò il suo mecenate Michelangelo Buonarroti il giovane, il ritorno a Roma tra il 1620 e il 1627 e gli anni a Napoli. La curatrice Francesca Baldassarri descrive così Artemisia: “Artemisia era una donna con un temperamento d’acciaio, da un punto di vista personale-artistico una grande impresaria. La cosa più incredibile è il processo in cui è stata coinvolta, dove di fronte anche alla tortura ha sempre ammesso di essere stata violentata, di fronte allo schiacciamento delle dita non si è mai tirata indietro, ha detto: ‘Io dico sempre la verità, ho sempre detto la verità’. Quindi una donna estremamente coraggiosa. Un temperamento d’acciaio però culturalmente aperta, una donna di grandissime visioni”. Artemisia dopo la pittura degli esordi, di stampo caravaggesco, a Firenze divenne un’artista di primo piano, frequentò la nobiltà e la corte fiorentina, divenne amica di Galileo Galilei. E il suo quadro più celebre, “Giuditta che decapita Oloferne”, arriva a Roma proprio dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze. “La Giuditta degli Uffizi è un po’ un quadro simbolo perché evidentemente in queste due donne, Giuditta e la serva Abra, che si accaniscono in maniera feroce, per la prima volta ci sono due donne, cioè Artemisia chiede l’aiuto di un’amica. Quell’aiuto che la Tuzia, l’amica, gli aveva negato e l’aveva buttata nelle braccia di Agostino Tassi. E quindi l’aiuto per sconfiggere un uomo. Immaginate quanto sia difficile tener testa ad un uomo in quei tempi e quanto forse Artemisia sentisse il bisogno di un’alleanza femminile”.

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