Nel settore privato le assunzioni nei primi cinque mesi dell’anno sono state complessivamente 2.736.000, in aumento del 16% rispetto al periodo gennaio-maggio 2016. Il maggior contributo è però dato dalle assunzioni a tempo determinato (+23%), mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-5,5%). E’ quanto rileva l’osservatorio sul precariato dell’Inps. Oltre all`incremento dei contratti di somministrazione a tempo determinato (+14,6%), l’istituto di previdenza sottolinea che è “particolarmente significativa” la “crescita vigorosa” dei contratti di lavoro a chiamata a tempo determinato, che, sempre nell`arco temporale gennaio-maggio, passano da 76mila del 2016 a 165mila nei primi cinque mesi di quest’anno, con un incremento del 116,8%. “Questo significativo aumento dei contratti a chiamata a tempo determinato, e in parte anche l`incremento dei contratti di somministrazione, può essere messo in relazione alla necessità delle imprese di individuare strumenti contrattuali sostitutivi dei voucher – dice l’Inps – cancellati dal legislatore a partire dalla metà dello scorso mese di marzo”.
Questi andamenti, sottolinea l’Inps, hanno portato a un`ulteriore riduzione dell`incidenza dei contratti a tempo indeterminato sul totale delle assunzioni (25,9%) rispetto ai picchi raggiunti nel 2015 quando era in vigore l`esonero contributivo triennale per i contratti a tempo indeterminato. Le trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato (incluse le prosecuzioni a tempo indeterminato degli apprendisti) sono risultate 150mila, con una lieve riduzione rispetto allo stesso periodo del 2016 (-1,8%). Le cessazioni nel complesso sono state 2.007.000, in aumento rispetto all`anno precedente (+11,2%): a crescere sono soprattutto le cessazioni di rapporti a termine (+18,4%), mentre quelle di rapporti a tempo indeterminato sono leggermente in diminuzione (-1,3%). Quanto alla composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, si registra per le assunzioni a tempo indeterminato a gennaio-maggio 2017 una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.750 euro (55% contro 57,9% di gennaio-maggio 2016).