Sono oltre 20 i miliziani rimasti uccisi nell’attacco messo a segno dagli Stati Uniti al confine tra Siria e Iraq. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, l’attacco è avvenuto nei pressi del valico di frontiera Al Qaem e che le vittime sono membri del gruppo Hezbollah iracheno e delle Forze di mobilitazione popolare. In pratica, si tratta della prima azione militare approvata dal nuovo presidente americano Joe Biden a 37 giorni dal suo insediamento. Gli attacchi aerei hanno preso di mira “postazioni e convogli di armi” diretti in Iraq, ha aggiunto l’ong, precisando che sono stati “distrutti tre camion carichi di munizioni”.
Dunque, gli Stati Uniti bombardano la Siria, prendendo di mira infrastrutture delle milizie appoggiate dall’Iran. Il Pentagono spiega che il raid, ordinato da Joe Biden e sferrato dopo aver consultato gli alleati, è in risposta all’attacco missilistico in Iraq dello scorso 15 febbraio nel quale ha perso la vita un contractor civile mentre militari statunitensi e di altre forze della coalizione sono rimasti feriti. “I raid hanno distrutto diverse strutture al confine, utilizzate da una serie di milizie filo iraniane”, precisa il portavoce del Pentagono John Kirby. “Invia un messaggio inequivocabile: il presidente Biden agirà per proteggere il personale della coalizione americana. Allo stesso tempo – rimarca Kirby – abbiamo agito in modo deliberato puntando a calmare la situazione sia nella Siria orientale e sia in Iraq”.
Washington aveva condannato l’attacco dello scorso 15 febbraio contro la base statunitense nella regione del Kurdistan iracheno, ma senza accusare nessuno e affidandosi all’Iraq per l’inchiesta. “Aspettiamo che l’indagine venga completata – dichiaro’ Kirby – e allora avremo più dire, e lo faremo”. Lo scorso 15 febbraio i missili erano stati lanciati da un’area a sud di Erbil, vicino al confine con la provincia di Kirkuk. L’attacco è stato rivendicato da un gruppo sciita che si fa chiamare Awliyaa al-Dam, o Guardiani del Sangue. L’Iran nega di avere legami con queste milizie. Poi la scorsa settimana un missile è stato lanciato nella Zona Verde di Baghdad, che ospita le ambasciate, compresa quella americana. Non ci sono state vittime. La Casa Bianca non ha accusato alcun gruppo specifico ma ha fatto sapere di ritenere l’Iran responsabile delle azioni dei suoi ‘delegati’. Molti di questi attacchi, “sono stati portati avanti con armi prodotte o fornite dall’Iran”, le ha fatto eco il portavoce del dipartimento di Stato, Ned Price. Teheran sta facendo pressioni su Washington affinché ritorni nell’intesa sul nucleare iraniano del 2015. Biden ha aperto al negoziato. La strada appare in salita.
La Siria ha condannato “la codarda aggressione americana” a Deir Ezzor, nei pressi del confine con l’Iraq, dove caccia statunitensi hanno preso di mira miliziani filo-iraniani. “In una flagrante violazione delle norme del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, caccia americani hanno lanciato un’aggressione codarda bombardando alcune aree nella provincia di Deir Ezzor, vicino al confine siriano-iracheno”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri di Damasco riportato dall’agenzia di stampa Sana. Nella nota si sottolinea che l’attacco è avvenuto in concomitanza della visita a Damasco dell’inviato speciale dell’Onu, Geir Pedersen, “e questo invia un messaggio di disprezzo da parte degli Stati Uniti della legittimità internazionale nella risoluzione della crisi in Siria”.