Aumentare il debito pubblico per dare benessere agli italiani. Luigi Di Maio inizia a scoprire le carte del programma di governo del MoVimento Cinque Stelle. “Dobbiamo scegliere se continuare a tagliare soldi dall’istruzione, dalla sanità, dagli investimenti per metterli nel debito, oppure cominciare a ragionare a medio e lungo termine e dire ‘facciamo investimenti e facciamo anche un po’ di deficit sia per ridurre il debito, ma soprattutto garantire felicità e benessere agli italiani’”. Di Maio n’è convinto. La politica economica dei grillini l’ha tracciata nel corso di un convegno proprio sul debito pubblico, a Montecitorio. Ha anche idee chiare sulla politica europea. “Chiederemo agli altri paesi di cominciare ad eliminare trattati scellerati come il fiscal compact e di rimettere in discussione parametri come quello del 3% e di rifondare l’Ue sul principio di solidarieta’ soprattutto sull’immigrazione”. Poche dichiarazioni ma sufficienti a far saltare in aria economisti e politici. “È bene che gli italiani sappiano una cosa chiara: quando Luigi Di Maio, giocando a fare il candidato premier, propone di superare il Fiscal compact e il parametro del 3% deficit/Pil, sta in realtà dicendo che vuol far pagare più tasse agli italiani e che vuole che i loro mutui salgano alle stelle – ha tuonato il parlamentare Gianfranco Librandi, di Civici e Innovatori -. Questo accadrebbe se infatti lasciassimo crescere il debito, come propone la novella dottrina economica dello studente fuori corso Luigi Di Maio. Una dottrina comica che purtroppo non fa ridere, ma piangere”.
In altri termini, “chi ha esperienza del mondo e dell’economia reale, sa che la priorità italiana è un’altra: creare lavoro e distribuire la ricchezza prodotta attraverso strumenti di condivisione degli utili e del reddito” ha aggiunto il docente di economia aziendale. Riepilogando. Di Maio, conquistando Palazzo Chigi, darebbe vita, tra l’altro, a “un reddito di cittadinanza pensato come misura di sostegno e di reinserimento attivo nel mondo del lavoro”. Poi, riprendendo le puntuali dichiarazioni del premier in pectore, “un piano di investimenti pubblici nei settori innovativi e ad alto ritorno occupazionale, l’alleggerimento del carico fiscale per le Pmi, il rilancio della sanità pubblica e più in generale dei beni comuni, sottraendoli alla logica del profitto e delle privatizzazioni”, e via dicendo. Tutti provvedimenti per i quali Di Maio non ha mai fornito una dettagliata copertura finanziaria per attuarli. E dire che proprio Di Maio è colui che, forse più di tutti, ha sempre attaccato l’ex premier Matteo Renzi per il crescendo debito pubblico che ha maturato il suo governo. “La verità è che Monti, Letta e Renzi hanno distrutto l’economia producendo l’esplosione del rapporto debito/Pil” ha sempre professato Di Maio. E su questo, come dargli torto.
D’altronde, le cifre sono implacabili. Nel 2016 abbiamo risparmiato 25 miliardi di euro ma il debito pubblico è cresciuto di altri 40 miliardi perché il risparmio non arrivava a coprire la spesa per interessi. Tra gli ultimi record, quello di aprile scorso, quando il debito pubblico è schizzato a 2.270,4 miliardi, un incremento di 10,1 miliardi rispetto al mese precedente, marzo. Ma l’amministrazione Renzi, oramai è il passato. Guardiamo al futuro, dove già trapelano i primi nomi di un eventuale esecutivo Di Maio. Per il ministero dell’Economia, circola il nome di Marcello Menenna, in Consob dal 1996 e docente di Finanza Stocastica e sul quale il premier in pectore del M5s ha detto: “Nomi non ne facciamo in questo momento, anche perché prima dovremo eleggere il candidato alla presidenza del Consiglio dei ministri e quella persona sceglierà i ministri tra cui quello dell’Economia”. Una cosa è certa, per il dirigente grillino, “il ministro che si dovrà dedicare al debito è il ministro dell’Economia e Finanze. E inutile fare ministri ad hoc”.