Politica

Avvocati e giuristi bocciano la prescrizione, ok Anm ma riforma ampia

La norma sullo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio, senza distinzioni tra sentenza di condanna o assoluzione, incassa la ferma contrarieta’ di avvocati e giuristi. Un no netto e motivato, in primis dall’alto rischio incostituzionalita’, che viene snocciolato nel corso delle tante audizioni svolte dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, dopo che l’emendamento presentato dai due relatori M5s ha ampliato l’ambito di azione del ddl anticorruzione. Confermata, invece, l’apertura della magistratura, pur con la precisazione che una riforma della prescrizione vada necessariamente accompagnata a una riforma piu’ ampia dell’intero processo penale, altrimenti il rischio sarebbe quello di allungare ulteriormente i tempi della giustizia.

Posizioni che le opposizioni, gia’ sulle barricate, fanno proprie e fanno proprie per smontare nelle fondamenta la linea della maggioranza e del Guardasigilli Alfonso Bonafede: “Le audizioni di oggi sono state uno vero tsunami per la proposta di abolire l’istituto della prescrizione”, afferma Franco Vazio (Pd), secondo il quale “di fronte a cio’ un governo, un ministro, una maggioranza avveduti e non accecati da una furia giustizialista si fermerebbero”. Anche per Forza Italia “oggi abbiamo assistito ad una sfilata di docenti universitari, rappresentanti dell’avvocatura, operatori del diritto che hanno letteralmente ‘asfaltato’ la riforma della prescrizione”, incalza Enrico Costa. Ma esecutivo e maggioranza, per ora, vanno avanti sulla strada tracciata senza ripensamenti: domani pomeriggio scadra’ il termine per gli emendamenti e da mercoledi’ le due commissioni avvieranno l’esame nel merito del provvedimento, con l’obiettivo di approvare il ddl entro la prossima settimana, come da calendario dell’Aula di Montecitorio.

“Un processo lungo non e’ un processo giusto per nessuno, occorre trovare soluzioni per snellire le procedure e accorciare i tempi, trovando il giusto equilibrio. L’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado e’ da sempre sostenuta dall’Anm ma e’ solo uno degli strumenti, e’ la tessera di un puzzle piu’ ampio e articolato, altrimenti rischia di diventare inefficace se non dannosa se non e’ accompagnata da una ampia riforma e interventi per accelerare i processi”, spiega il presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, Francesco Minisci. L’Anm quindi suggerisce di modificare un po’ la rotta: non la sospensione ma l’interruzione della prescrizione e solo per le sentenze di condanna. In ogni caso – posizione che accomuna magistrati, avvocati e giuristi – gli effetti della riforma “si avranno solo dopo molti anni”, tanto da indurre il procuratore generale della Corte Suprema di Cassazione, Riccardo Fuzio a chiedere: “l’idea di spostare tutto al 2020 quale risultato potrebbe avere? Allora e’ una bandierina…”.

Detto questo, per Fuzio “l’emendamento e’ una prescrizione tombale, non e’ una sospensione ma un atto interruttivo definitivo della prescrizione”. E Giovanni Mammone, primo presidente della Corte Suprema di Cassazione, aggiunge: attenzione alle sovrapposizioni con la riforma gia’ varata nel 2017 e attenzione a non allungare ulteriormente i tempi del processo penale. ma, su tutti, prevale l’allarme sull’incostituzionalita’ della norma, cosi’ come e’ formulata. Rischio, questo, che accomuna un po’ tutti gli interventi: “questa norma e’ contraria alla Costituzione”, per quel che riguarda ad esempio “il principio di legalita’, della certezza del diritto e della ragionevolezza della durata del processo”. Insomma, “non condividiamo ne’ il senso ne’ il contenuto della riforma”, e’ l’affondo di Eriberto Rosso, segretario dell’Unione delle Camere penali italiane (Ucpi), che ribadisce “la piu’ ferma contrarieta’” alla norma. Per Andrea Mascherin, presidente del Consiglio Nazionale Forense, innanzitutto M5s e Lega devono “chiarire” se la riforma della prescrizione andra’ di pari passo con “la riforma del processo penale”, perche’ al momento ci sono due posizioni discordanti. In secondo luogo, gli avvocati mettono subito in chiaro: senza risorse non si va da nessuna parte, “una riforma a costo zero non serve a niente”.

Del resto, e’ la denuncia degli avvocati, il vero problema della giustizia sono gli organici, uffici dove non vengono giu’ i tetti, poter stampare gli atti perche’ dotati di carta che ora manca”. Attenzione, e’ l’appello dell’Unione delle camere penali, “state mettendo le mani nella carne viva”. Piu’ dure le posizioni di giuristi e costituzionalisti: per Vittorio Manes, professore di diritto penale all’Universita’ di Bologna, si tratat di “un blitz politico” che introduce il principio della “presunzione di colpevolezza” e da’ vita a una “giustizia kafkiana”, mentre il ddl viene definito “una sorta di “sterminio giuridico dei corrotti”. Alessandro Bernasconi, professore di diritto penale dell’Universita’ di Brescia, individua ben “sei motivi di incostituzionalita’”: dalla violazione della ragionevole durata del processo a quella della certezza del diritto, dalla “presunzione di colpevolezza” alla violazione del diritto di difesa. Il costituzionalista Francesco Saverio Marini, professore di istituzioni di diritto pubblico all’Universita’ Tor Vergata di Roma, si spinge oltre e parla di un disegno complessivo del governo che delinea un quadro da “deriva giustizialista che mortifica la nostra storia, sempre connotata da una matrice liberal-garantista”.

Per di piu’, un “processo sine die e’ una sorta di ergastolo processuale”, e’ l’ulteriore critica. Sulla stessa lunghezza d’onda Nicola Pisani, professore di diritto penale presso l’Universita’ degli studi di Teramo, che ha messo in guardia da quella che ha definito “un’anima autoritaria di questa proposta”. A differenza dei suoi colleghi, Gian Luigi Gatta, professore di diritto penale all’Univesrita’ degli studi di Milano, apre alla riforma, che giudica “meritevole di essere considerata”, ma “riguarderebbe solo un quarto dei processi, perche’ la maggioranza si prescrive in fase di indagini preliminari non arrivando proprio a sentenza”. Riferisce il professore: nel 2017 sono 125 mila i processi penali caduti per prescrizione, pari al 9,4% di tutti i procedimenti penali, ovvero un processo su 10. Circa la meta’ di questi e’ intervenuta nelle indagini preliminari, in 1/4 durante il giudizio di primo grado, quindi i 3/4 dei processi si prescrivono prima della sentenza di primo grado”.

Quanto ai dati del 2017 sulla durata, Gatta spiega: per il giudizio di appello si impiegano 2 anni e mezzo, per il primo grado tra i 700 e i 500 giorni, a fronte di una media Ue di 138 giorni per il primo grado. Ma senza una preventiva verifica sui motivi della lentezza dei processi e una conseguente riforma ampia del processo penale, “cosi’ come e’ la riforma della prescrizione potrebbe aggravare la situazione”, mette in guardia il presidente emerito della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, che afferma: “Io personalmente ho fortissimi dubbi sulla costituzionalita’ della norma”, che “sarebbe dannosa per l’intero sistema”. E avverte il rischio di un altro pericolo: “Attenzione anche a rompere l’asse tra avvocatura e magistratura”.

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