Ecco perché il candidato del Pd e del centrosinistra (39,6% il 5 giugno), ha cercato nelle ultime due settimane di alzare il tono di voce durante i comizi e di giocare nel campo dell’avversaria, insuperabile negli slogan e nelle provocazioni. Se Borgonzoni ha continuato fino alla fine ad appoggiarsi al leader nazionale Matteo Salvini (oltre a Renato Brunetta, Giorgia Meloni e Luca Zaia), Merola ha chiesto ai “big” del partito (Renzi in primis) di stare lontani dalla città fino al 19 giugno. Ma ha fatto di più, ha lasciato il centro storico per battere a tappeto le zone più degradate della periferia bolognese, quelle dove è più alto il malcontento. Riservando gli ultimi giorni alcuni annunci/promesse a sorpresa: la chiusura dei campi rom, l’eliminazione della Tasi sulla prima casa per 125 mila famiglie, l’abbonamento gratis del bus per gli studenti delle scuole medie. “Io non faccio promesse, rispetto semplicemente gli impegni che ho già preso con i cittadini” ha detto. Non gli crede “lady Lega” che anzi lo accusa: “negli ultimi giorni la giunta passata ha proposto il programma elettorale del centrodestra”.
Una cosa l’hanno in comune Merola e Borgonzini: tutti e due dovranno combattere da soli al ballottaggio, perché nessuno degli altri sette candidati sindaco al primo turno ha fatto dichiarazioni di voto per l’uno o per l’altra. Non Manes Bernardini, transfuga della Lega Nord, che con la sua lista “Insieme Bologna” ha portato a casa il 5 giugno il 10% delle preferenze: “Abbiamo chiesto di fare un accordo sui contenuti, mi spiace che qualcuno non conosca le regole del ballottaggio, ma noi inciuci non ne faremo” ha mandato a dire all’ex compagna di partito ai tempi del Carroccio. Nemmeno Federico Martelloni (7% con “Coalizione civica”): “Noi abbiamo fatto una campagna elettorale rock, adesso ballino gli altri. Rimane un giudizio negativo sull’amministrazione Pd, ma non facciamo accordi con nessuno” tantomeno con la Lega, con la quale “c’è una distanza siderale”. Nessun invito al voto da Massimo Bugani che non è riuscito a trainare il Movimento 5 stelle oltre il 16,5% al primo turno, anche se più di un pensiero lo ha fatto alla fine della campagna elettorale: se tornasse a Palazzo d’Accursio Merola, i pentastellati avrebbero un consigliere in più; con la vittoria di Borgonzoni, però, “potremmo contribuire alla spallata al Pd” fa sapere l’anchorman grillino. “Il M5s esce comunque a testa altissima” da questo appuntamento elettorale.
Il sindaco uscente ha deciso di esporsi alle critiche pur di incontrare in dieci giorni di campagna elettorale i cittadini delle periferie. E ha tenuto l’attacco finale alla sfidante, a poche ore dal silenzio elettorale: “Leghisti razzisti, la città di Bologna non vi vuole e ve lo dirà con forza domenica”. La leghista, invece, si è tenuta al protocollo del movimento, con finale a braccetto di Matteo Salvini, presenza fissa a Bologna in periodo elettorale. Al grido di “Rivoglio Bologna”, Borgonzoni e Salvini si sono trovati fuori città, al centro sportivo Torre Verde completamente blindato dalle forze dell’ordine, allertate in caso di contestazioni. Ma di centri sociali e antagonisti – molto “attivi” in campagna elettorale per il primo turno – adesso nemmeno l’ombra. “Un Matteo tira l’altro. Proprietà commutativa della casta: cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia!” si sono limitati a pubblicare quelli del laboratorio Hobo sui social.