di Marco D’Auria
Nessun sindaco nelle grandi città andate al voto, senza un leader riconosciuto né un’idea condivisa di alleanza per tornare a vincere. L’esito delle elezioni comunali 2016 segna l’anno zero per il centrodestra, uscito sconfitto a Roma e a Torino, dove non è giunto neanche al ballottaggio, ma anche a Milano, con la formula (rilevatasi perdente) del centrodestra ampio sostenuta da Roberto Maroni e a Roma, con l’alleanza “lepenista”, dura e pura, voluta a tutti costi dal segretario della Lega Matteo Salvini, convinto che solo dettando valori e programmi a cui gli altri partiti devono allinearsi si può costruire un centrodestra riconoscibile, affidabile e soprattutto vincente. Ma niente da fare. Né l’una né l’altra formula, almeno in questa tornata elettorale, ha funzionato. E con Berlusconi in pausa forzata post operatoria, il veto di Salvini su un possibile ruolo nazionale nel centrodestra per il candidato sconfitto Stefano Parisi, anche la partita della leadership rimane in alto mare. Per la Lega, si aggiunge la “botta” di Varese, dove ha perso la guida della città dopo 23 anni nonostante Maroni si sia speso in prima persona. È la sconfitta che “brucia di più”, ha ammesso Salvini, che ha parlato, citando Milano, di “due sonore sconfitte”.
Nel capoluogo lombardo lo stesso leader leghista giocava in casa: “Un risultato che fa male” dimostrazione che “un centrodestra fritto misto” non funziona”. Quindi, “anche noi come Lega dobbiamo fare uno sforzo in più – ha osservato Salvini – Perché è vero che a Milano abbiamo preso il massimo storico degli ultimi venti anni, però abbiamo perso. E quindi anche il ragionamento sulla formula: ‘il centrodestra moderato, il manager, dentro tutti, Alfano, Passera, Albertini, così si vince’… la gente le minestra riscaldata le lascia nel piatto, spesso e volentieri”. All’interno del centrodestra però le valutazioni sull’esito del voto sono discordanti. Fanno analisi simili Salvini e Ignazio La Russa dei Fratelli d’Italia, ma i due divergono da quelle di Mariastella Gelmini di Forza Italia, che a Milano ha fatto il pieno di preferenze (12mila), e di Roberto Maroni, che a Varese, da capolista, ne ha prese poco più di 300. Per la Gelmini, ad esempio, il “modello Milano funziona”. “Il centrodestra – ha detto – deve essere unito e presentare candidati competenti. Roma è stata “un incidente di percorso”.
Opposta la valutazione di Salvini: “La lezione di Milano – ha detto ripetendo più volte durante la giornata il concetto – probabilmente insegna che piuttosto che ‘il dentro tutti’ è meglio avere una squadra coerente, coesa, lasciando qualcuno per strada ma guadagnandone in credibilità e affidabilità”. Un modello di alleanza che, anche per La Russa, è da rivedere: “Io vorrei che vincessimo per dire che il modello Milano funziona. Meglio il centrodestra unito che diviso. Ma bisogna vedere anche il progetto. Noi abbiamo seguito la strategia di virata verso il centro. Se vinciamo è quella giusta, se perdiamo va rivista”. Sul “modello Lombardia” di alleanza, quello che comprende anche i centristi, e che ha portato la Lega alla guida del Pirellone nel 2013, sollecitato sull’argomento, Maroni ha replicato un po’ evasivamente ma ha rilevato un dato “preoccupante” per la Lega. Laddove al ballottaggio è tra centrosinistra e centrodestra, ha osservato, c’è competizione tra i due schieramenti ma “con quello che è successo temo che se va al ballottaggio il centrosinistra con il M5S o il centrodestra con il M5S oggi come oggi vince sempre il M5S”.
Quindi, “non siamo competitivi”. Ancora una volta, analisi diversa da quella di Salvini, che ha sostenuto: “Dove la Lega c’è e lavora bene per il M5S non c’è spazio. Dove la Lega è forte e il centrodestra non litiga, l’alternativa al Pd e a Renzi siamo noi. Laddove il centrodestra va in ordine sparso, come a Roma, vincono i 5 Stelle”. Sono venuti allo scoperto anche le malcelate frizioni tra Lega e alleati a Milano, l’unico città dove il centrodestra se l’è giocata: “una campagna elettorale bizzarra”, in cui “ho dovuto morsicarmi la lingua più volte”, ha ammesso Salvini, citando alcune uscite di Gabriele Albertini e del candidato sindaco Parisi. “Poi – ha aggiunto – per il bene della mia città io non ho rotto le scatole”. Anche per questo appare, almeno al momento, è che non sarà Parisi il nuovo leader del centrodestra alle prossime politiche. “Parisi farà il capogruppo dell’opposizione, punto – ha replicato, un po’ infastidito, Salvini a chi gli ha fatto la domanda – Dai, adesso va bene tutto, però… Non penso che il nuovo centrodestra passi da Alfano e Passera”. Passate le elezioni, il leit-motiv è sempre lo stesso.