È davvero allarme tra gli esperti di sanità pubblica negli Usa: per la prima volta, alcuni ricercatori hanno trovato una persona portatrice di un batterio con un gene che lo rende resistente persino a uno degli antibiotici più potenti. Il timore è che quanto scoperto rappresenti “la fine” di questa tipologia di farmaci in quanto si sviluppano microorganismi resistenti e quindi le malattie di questo tipo non sarebbero più curabili con questa classe di farmaci. Stando a quanto emerso da uno studio pubblicato su Antimicrobial Agents and Chemotherapy, rivista dell’American Society for Microbiology, il batterio incriminato è stato trovato lo scorso mese nelle urine di una donna della Pennsylvania di 49 anni. Gli esperti del dipartimento della Difesa hanno stabilito che si tratta di un ceppo di Escherichia coli resistente all’antibioticocolistina, l’ultima spiaggia a cui si ricorre per curare tipologie pericolose di “batteri da incubo”, come li hanno ribattezzati gli studiosi. Questi super-batteri sono capaci di uccidere fino al 50% dei pazienti da essi colpiti. La scoperta, scrivono gli autori, “preannuncia la comparsa di un batterio davvero resistente ai farmaci”. Per il momento i responsabili della sanità sostengono che il caso della Pennsylvania, di per sé, non sia causa di panico. Il ceppo trovato nella donna è curabile con altri antibiotici ma i ricercatori temono che il gene trovato nel batterio possa intaccare altri tipi di batteri già in grado di resistere agli antibiotici. Lo studio non dà informazioni sullo stato di salute della donna ma precisa che non ha viaggiato nei cinque mesi precedenti alla scoperta. Il governatore dello Stato dove lei vive, Tom Wolf, ha dichiarato in una nota che la sua amministrazione ha immediatamente iniziato a lavorare con il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), l’ente statunitense che si occupa di salute pubblica, e con il dipartimento della Difesa per coordinare una risposta “appropriata e collaborativa”. Wolfha promesso “le azioni necessarie per fare in modo che [il caso] non diventi un problema diffuso con conseguenze potenzialmente serie”. Gli esperti del Cdc stanno lavorando con le autorità della sanità dello Stato intervistando la paziente e i suoi familiari per identificare come possa essere stata colpita dal batterio incriminato. Il Cdc spera che così facendo si possa capire se altre persone lo hanno nel loro organismo.
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