Beni confiscati alla mafia, si allunga lista indagati. Dopo la giudice Saguto altri tre magistrati

Non si arresta la lista degli indagati sulla gestione dei beni confiscati. Infatti, con Silvana Saguto (foto), fino a ieri presidente della sezione Misure di prevenzione a Palermo, ci sono altri tre magistrati palermitani – secondo quanto riporta il quotidiano Il Messaggero – indagati dalla procura di Caltanissetta nell’inchiesta sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia: sono Tommaso Virga, ex membro togato del Csm e ora presidente di sezione; Lorenzo Chiaromonte, collega d’ufficio della Saguto, e il pm Dario Scaletta. Scaletta è accusato di rivelazione di segreto d’ufficio: avrebbe dato notizie sull’inchiesta a Chiaromonte e a un altro collega; Virga – sempre secondo il quotidiano – avrebbe favorito un procedimento disciplinare che riguardava Saguto, la quale a sua volta avrebbe garantito la nomina del figlio di Virga, Walter, ad amministratore giudiziario dei beni sequestrati a Palermo agli eredi di Vincenzo Rappa; Chiaromonte non si sarebbe astenuto dalla decisione di affidare la gestione di beni per 10 milioni sequestrati al boss Luigi Salerno, nonostante l’amministratore designato fosse una persona a lui vicina. Ieri sera Saguto aveva lasciato il proprio incarico alla sezione misure di prevenzione, sostituita da Angelo Fontana. Sempre ieri si è appreso che l’indagine è stata allargata al padre di Saguto e a uno dei figli del magistrato, che si aggiungono al marito del giudice, l’ingegner Lorenzo Caramma e all’avvocato Gaetano Cappellano Deminara.

LAURICELLA “Sul problema della gestione dei beni sequestrati alla mafia serve, con urgenza, l’intervento della politica”. A dirlo è il deputato del Pd Giuseppe Lauricella, sottolineando come l’inchiesta della procura di Caltanissetta sul presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, il giudice Silvana Saguto, “ci dice a chiare lettere che in
questo importante settore della vita pubblica qualcosa non funziona o funziona male”. Per Lauricella “assistiamo alla concentrazione, in poche mani, di ingenti patrimoni sequestrati alla mafia, con l’aggravante che, spesso, non sono gestiti con criteri imprenditoriali. Il problema – sottolinea – è noto da tempo, ora è arrivato il momento di trovare
soluzioni. E di questo compito deve occuparsi la politica”.

CENTRO LA TORRE “In attesa che le indagini facciano chiarezza su presunte violazioni nell’affidamento degli incarichi a professionisti di fiducia per la gestione dei beni mafiosi sequestrati e confiscati predisposti dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo”, il Centro studi Pio La Torre in una nota rinnova l’invito a tutte le Procure di adottare “il sistema (già uso in alcune procure) di un albo specifico di amministratori giudiziari di beni sequestrati e confiscati ai mafiosi dal quale attingere con rigoroso e trasparente metodo della rotazione degli incarichi e del divieto di accumulo immotivato degli stessi”. “All’Albo potranno iscriversi, previo controllo, quanti possano vantare titoli e esperienza specifica nella gestione dei beni sequestrati e confiscati ai mafiosi”, spiega il presidente del Centro, Vito Lo Monaco. “Il sistema formativo universitario da alcuni anni è impegnato in corsi di specializzazione post lauream sul tema; tanti giovani professionisti sono in attesa di essere valorizzati per la specializzazione conseguita”. Inoltre, va urgentemente adeguato “il Codice antimafia onde superarne le criticità evidenziate tra le quali quelle causate dall’adozione del comune diritto fallimentare al sequestro e confisca dei beni mafiosi”. Infine, va ribadita “l’urgenza della riforma della governance democratica dell’Agenzia dei beni confiscati per coinvolgere nella formulazione degli indirizzi generali le organizzazioni del lavoro e delle imprese, degli enti locali, delle associazioni antimafia storicamente sperimentate ed escluderle tassativamente dalla gestione diretta dell’Agenzia per possibili conflitti d’interesse”, conclude Lo Monaco.

DON CIOTTI Definisce “allarmante”, “fermo restando che bisogna aspettare l’esito delle indagini e l’accertamento delle responsabilita’, il quadro che sta emergendo dalla inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla gestione dei beni confiscati a Palermo e ricorda che Libera da tempo “insiste sulla necessita’ di rinnovare e anche di ripensare la antimafia, ripulirla dalle zone da ombra, dagli usi strumentali, dai collegamenti col malaffare, con la corruzione e in certi casi con le stesse mafie. A parlare e’ don Luigi Ciotti, puntando l’attenzione sui beni confiscati e sulle proposte concrete presentate “volte a garantire il loro effettivo riutilizzo, velocizzare i tempi della iter amministrativo, dal sequestro alla assegnazione, colmare i vuoti organizzativi e di personale degli uffici preposti”. All’interno di queste proposte, osserva don Ciotti, “attualmente ferme in commissione Giustizia alla Camera a una riguarda proprio la figura chiave dell’amministratore giudiziario, per la quale riteniamo urgente istituire un albo, definire delle linee guida, studiare dei meccanismi che garantiscano standard di competenza e integrita’”.

Articolo aggiornato alle 17:19

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it
Condividi
Pubblicato da