Le fibre ottiche di Daniel Buren, uno dei più importanti artisti viventi, ridisegnano e illuminano la sala delle Capriate di Palazzo della Ragione a Bergamo. Una mostra fortemente voluta dalla Galleria d’arte moderna e contemporanea che arriva al culmine di un percorso che ha visto il museo affrontare la pandemia, che a Bergamo è stata devastante, tessendo una relazione molto forte con la cittadinanza grazie al progetto di Radio GAMeC, segnalato anche dall’UNESCO.
E ora la mostra, che riporta il discorso artistico nei suoi ambiti più tradizionali, e per il direttore della GAMeC, Lorenzo Giusti, l’occasione assume un valore ancora più forte. “Quello che ha vissuto Bergamo – ha detto ad askanews – è stato particolare, per certi aspetti continua a esserlo, e questo è uno dei motivi per cui questa mostra si carica di un significato altro, al di là del valore artistico e culturale di Daniel Buren. Ma dietro c’è tutta una ricerca, c’è tutto un percorso di anni”.
Alla presentazione della mostra “Illuminare lo spazio. Lavori in situ e situati” è intervenuto anche il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. “La cultura – ci ha detto il primo cittadino – è una medicina per noi innanzitutto, prima ancora che un traino di auspicabili presenze turistiche. Riaprire le porte di un palazzo a sua volta simbolico, perché questo è Palazzo della Ragione, nel cuore della città storica, riaprirlo ai visitatori con un progetto di questa levatura secondo me significa per Bergamo, significa ripartire, rinascere, avere speranza, fiducia”.
Nella grande sala, che già aveva ospitato i lavori di Jenny Holzer, le classiche trame del lavoro di Buren, da sempre alla ricerca di un grado zero della pittura e di relazioni specifiche con il luogo chiamato a ospitarlo, assumono una connotazione nuova, grazie all’utilizzo di fibra ottica: un materiale che, per così dire, è al tempo stesso oggetto e soggetto del lavoro, opera e fonte di luce per lo spazio. “Non mi precipito sulle innovazioni tecnologiche – ha detto l’artista in una conversazione con Giusti che è stata proiettata in conferenza stampa – ciò di cui apprendo l’esistenza mi interessa indipendentemente dal mio lavoro, che sia un drone o un nuovo apparecchio fotografico. Di alcune di queste invenzioni mi sono servito subito per i miei lavori”.
“E’ un’artista assolutamente attivo – ha aggiunto il direttore della GAMeC a proposito di Buren – attento e per certi aspetti ossessivo nel lavoro: molto puntuale, ne segue ogni passaggio, ogni fase dello sviluppo. E il fatto che non ci sia oggi , per ragioni palesi, il fatto che non ci sia è il segno evidente del contrario, ossia della volontà di esserci comunque, e questo comunque’ è una forza che abbiamo respirato e che secondo me si ripercuote all’interno del progetto”.
Come un’architettura del pensiero, le fibre di Daniel Buren si prendono cura della Sala delle Capriate e si sente il loro desiderio di essere uno strumento per aiutare il luogo a pensare se stesso. Comunque, appunto, con una determinazione e una volontà d’arte che sembrano riflettere quelle della Bergamo che attraversa questo 2020 ancora così difficile da definire. Ma che sceglie, anche grazie al supporto di aziende come Barcella e Tenaris-Dalmine, di continuare e investire sulla ricerca contemporanea.