Berlusconi, oltre diecimila per l’ultimo saluto al Duomo. L’arcivescovo: ora incontra Dio
Presenti le più alte cariche dello Stato. Delpini: uomo d’affari e politico, ma soprattutto “uomo”. In piazza più Milan che Forza Italia VIDEO
C’erano il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la premier, Giorgia Meloni, il governo interno e le più alte cariche istituzionali, a dare l’ultimo saluto a Silvio Berlusconi, nel Duomo di Milano, assieme alla famiglia allargata dell’ex presidente del Consiglio: il fratello Paolo, i figli Marina, Piersilvio, Barbara, Eleonora e Luigi, l’ex seconda moglie, Veronica Lario, l’attuale compagna, Martina Fascina, tutti visibilmente commossi. Sulla piazza oltre diecimila persone, con bandiere del Milan e del Monza e con numerosi striscioni, che hanno intonato a più riprese cori da stadio, uno tra tutti “C’è solo un presidente”.
I funerali di Stato del Cavaliere, celebrati da monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, si sono svolti seguendo il rito liturgico ufficiale adottato dalla Chiesa latina, quello ambrosiano. Un lungo applauso ha accompagnato l`arrivo del feretro nel Duomo di Milano e si è protratto per tutto il passaggio lungo la navata centrale. Nel corso dell’omelia, monsignor Delpini, ha ricordato Berlusconi, come “uomo d’affari” ma anche “uomo politico”. Ma prima di tutto “è stato un uomo” con “un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia”. Al termine della funzione, quando il feretro è stato riportato in piazza del Duomo, prima della chiusura del portellone del carro funebre sia la compagna Marta Fascina, in lacrime, che i figli si sono avvicinati per una “carezza” e un ultimo bacio.
L’arcivescovo: è stato un uomo e ora incontra Dio
“Un uomo d’affari” che “guarda ai numeri e forse si dimentica dei criteri”; un “politico” che “ha sostenitori e oppositori” e che “nei nostri tempi è sempre di parte”. Ma prima di tutto, Silvio Berlusconi “è stato un uomo e ora incontra Dio”. Non era certamente facile pronunciare l’omelia per i funerali di Stato di Silvio Berlusconi, oggi, al Duomo di Milano, davanti alle massime cariche istituzionali, imprenditori, uomini e donne del mondo dello spettacolo e dello sport, della tv, rappresentanti del mondo dei media. C’era l’Italia intera in quel Duomo di Milano zeppo. L’arduo compito di ricordare l’ex presidente del Consiglio, nel giorno del suo addio, è toccato a mons. Delpini, che ha tenuto un’omelia breve ma diretta, centrata su tre parole: la vita, l’amore e la gioia.
“Quando un uomo è un uomo d’affari – ha sottolineato mons. Delpini – allora cerca di fare affari. Ha quindi clienti e concorrenti. Ha momenti di successo e momenti di insuccesso. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri, forse si dimentica dei criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari”, ha aggiunto mons. Delpini. “Quando un uomo è un uomo politico – ha poi ribadito l’arcivescovo – allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico, nei nostri tempi, è sempre un uomo di parte. Quando un uomo è un personaggio, allora è sempre in scena. Ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta”.
“Silvio Berlusconi è stato certo un uomo politico, è stato certo un uomo d’affari, è stato certo un personaggio alla ribalta della notorietà. Ma in questo momento di congedo e di preghiera – ha concluso mons. Delpini – che cosa possiamo dire di Silvio Berlusconi? È stato un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia. E ora celebriamo il mistero del compimento. Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio”. Ed ecco le tre parole. La prima: la vita. “Vivere e amare la vita – ha detto -. Vivere e desiderare una vita piena. Vivere e desiderare che la vita sia buona, bella per sé e per le persone care. Vivere e intendere la vita come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti. Vivere e accettare le sfide della vita. Vivere e attraversare i momenti difficili della vita. Vivere e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che c’è sempre una speranza di vittoria, di riscatto, di vita. Vivere e desiderare una vita che non finisce e avere coraggio e avere fiducia e credere che ci sia sempre una via d’uscita anche dalla valle più oscura. Vivere e non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche, e continuare a sorridere, a sfidare, a contrastare, a ridere degli insulti”.
La seconda parola che mons. Delpini utilizza nell’omelia è l’amore. “Amare e desiderare di essere amato. Amare e cercare l’amore, come una promessa di vita, come una storia complicata, come una fedeltà compromessa. Desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere sempre e solo una concessione, una accondiscendenza. Amare e desiderare di essere amato per sempre e provare le delusioni dell’amore e sperare che ci possa essere una via per un amore più alto, più forte, più grande”. Infine, la gioia. “Essere contento e amare le feste. Godere il bello della vita. Essere contento senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini”. Un’omelia carica di umanità, compassione, in cui si è evidenziato l’aspetto “umano” di Silvio Berlusconi, affidando a Dio il giudizio finale. Al termine della celebrazione, monsignor Delpini ha voluto esprimere “sentite condoglianze” ai familiari “anche a nome del cardinale Zuppi, presidente della Cei”. Poi l’abbraccio e la benedizione ai familiari e alle istituzioni.
In piazza più Milan che Forza Italia
Cori da stadio e bandiere, tante magliette e sciarpe. A guardare il sagrato di piazza del Duomo, il popolo che è venuto a dire addio a Silvio Berlusconi è quello con i colori rossoneri del Milan, più che quello con il tricolore di Forza Italia. Con la Curva Sud, il settore di San Siro che ospita i tifosi rossoneri più accesi, che è protagonista in piazza. Le grandi bandiere del Milan che solitamente sventolano allo stadio, stavolta segnano ogni momento saliente della cerimonia funebre, accompagnando le immagini trasmesse dai maxischermi in piazza. Il coro più frequente è “Un presidente, c’è solo un presidente”. Che nel caso di Berlusconi potrebbe valere per le tante cariche ricoperte ma che regolarmente si alza dal cuore della piazza occupato dai tifosi. Insieme al coro “Berlusconi uno di noi”, scandito più volte. Hanno meno successo il coro “C’è solo un Cavaliere” e l’inno nazionale che alcuni cittadini intonano.
I tanti in piazza per la politica, lo sono però in modo meno organizzato e quindi meno visibile: qualche bandiera, tante spillette di Forza Italia, cartelli e striscioni fatti in casa. Come quello che è nella prima fila dello spazio riservato ai cittadini comuni: “L’Italia è il Paese che amo”, riprendendo l’incipit più famoso della politica, quello della discesa in campo del 1994. Affianco, lo striscione del Milan Club di Sassuolo.