Berlusconi tentenna, il partito si spacca

Quello progettato da Renzi “sarebbe sì un senato delle autonomie… ma rosse”. Nelle parole che Silvio Berlusconi sussurra ad alcuni parlamentari c’è tutta la conferma dell’aperta contrarietà del leader di Forza Italia nei confronti della bozza di riforma della Camera alta licenziata dal Consiglio dei ministri. I punti “critici” del piano sono quelli esternati da Denis Verdini e Gianni Letta a Matteo Renzi: Forza Italia è disposta ad accettare il superamento del bicameralismo perfetto, vorrebbe togliere a Palazzo Madama ancora più poteri di quelli sottratti dalla bozza di Renzi. Ma non accetta che il Senato sia non elettivo e che vi siano seduti ben 21 esponenti scelti dal presidente della Repubblica. “Sono esattamente gli stessi assegnati dalla riforma a Lazio, Lombardia e Sicilia – attacca Renato Brunetta – ma così è una legge scritta con i piedi”.

Il punto è che, nonostante le tantissime falle di una riforma giudicata negativamente – e nonostante la rabbia residua dopo l’incontro con Napolitano che non gli ha concesso nessuna apertura sull’”agibilità politica” – Berlusconi non intende nel modo più assoluto far saltare il tavolo. La sua convinzione, avvalorata dalla ricognizione con Verdini dopo l’incontro con Renzi, è che nonostante le apparenze le possibilità di trattare per arrivare a una bozza comune ci siano ancora. E che, semmai, i distinguo del premier siano dovuti alla necessità di tenere unito un Partito Democratico che sembra avere non meno problemi di Forza Italia.

Aspetto non secondario, la scadenza del 10 aprile, venerdì prossimo, quando il tribunale di sorveglianza di Milano dovrà scegliere se fargli scontare la pena ai servizi sociali o agli arresti domiciliari. Nei ragionamenti dell’ex premier, l’unico modo per sperare in una mano leggera da parte dei giudici è quello di continuare a recitare il ruolo di “padre della patria”. È quella, al momento, l’unica vera preoccupazione del leader di Forza Italia. Che, dai suoi legali, ieri ha ricevuto un’ennesima cattiva notizia. I giudici, venerdì prossimo, potrebbero anche limitarsi ad ascoltare le richieste dei suoi avvocati e poi decidere di prendersi un’ulteriore settimana per la scelta. A quel punto, il verdetto cadrebbe dopo la chiusura delle liste per Strasburgo e l’ex premier non potrebbe neanche decidere in anticipo la strategia da adottare nella campagna elettorale per le Europee. In caso di affidamento ai servizi sociali, magari in forma “leggera” e con qualche margine di “agibilità politica”, Berlusconi risparmierebbe la candidatura a qualcuno dei figli.

Nel caso in cui, invece, i giudici dovessero decidere per i domiciliari, l’ipotesi Barbara potrebbe tornare prepotentemente alla ribalta. In questo momento di impasse, Forza Italia torna a dividersi tra falchi e colombe. I primi, capitanati da Renato Brunetta, sono quelli che negli ultimi giorni hanno alzato la temperatura degli attacchi nei confronti di Renzi. Convinti che continuare ad apparire come l’”ancora di salvataggio” del governe, specie quando Berlusconi sarà confinato ai margini della vita politica, sia una tattica suicida. Maurizio Bianconi, sfruttando la contestata approvazione del ddl sull’abolizione delle province, arriva a definire Renzi “mentitore professionale” e un “venditore da suk tunisino”.

Dall’altra parte, invece, c’è chi vuole tenere aperto il canale della trattativa convinti che un rovesciamento del tavolo delle riforme produrrebbe elettoralmente più danni che vantaggi per Forza Italia. Non che questo fronte sia disposto a prendersi la riforma del Senato così com’è stata congegnata. “Noi vogliamo restituire ai cittadini il diritto di scegliere i loro rappresentanti – spiega Maurizio Gasparri – mentre questa riforma fa il contrario. Le dirò di più, noi vogliamo portare Renzi ad esprimersi allo scoperto sul presidenzialismo”. “Il problema – aggiunge sconsolato – è che ci troviamo ad avere a che fare con interlocutori troppo ondivaghi. Prenda il ministro Boschi, uno giorno dice una cosa, un giorno un’altra”.

È questo un altro degli aspetti che stanno mettendo a dura prova la tenuta nervosa di Forza Italia. Il capogruppo in commissione Affari Costituzionali del Senato, Donato Bruno, ieri è tornato a chiedere un’immediata calendarizzazione dell’approdo in Aula dell’Italicum, che giace nel “limbo” dopo l’approvazione in prima lettura della Camera. Peccato che dal ministro delle Riforme sia arrivato un secco no che cancella le apparenti aperture dei giorni scorsi. Dalle parti di Forza Italia questo viene letto come un ennesimo tradimento del patto del Nazareno siglato da Renzi e Berlusconi. Al punto che viene invocato un nuovo incontro tra i due leader. Appare difficile, però, che il premier possa concedere un’altra ribalta mediatica al leader di Forza Italia a pochissimi giorni dal verdetto del 10 aprile. (Il Tempo)

 

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