Dopo quattro mesi, Silvio Berlusconi torna a Roma. E il suo primo atto politico al rientro nella capitale è un vertice con Matteo Salvini e Giorgia Meloni per ribadire che il centrodestra è unito sul no al referendum costituzionale. Un incontro che si sarebbe dovuto tenere la settimana scorsa e che sembrava destinato a essere rinviato sine die, almeno a sentire le parole che appena lunedì pronunciava il segretario della Lega (“Non è più tempo di vertici”). Martedì, però, il leader di Forza Italia ha lanciato un segnale importante agli alleati: il ritorno in tv, per di più su una rete Mediaset, per “mettere la faccia” su quella campagna referendaria da cui finora si era sostanzialmente tenuto lontano. L’incontro a tre di ieri mattina, si spiega in una nota, è servito a ribadire la “ferma opposizione di tutto il centrodestra a un progetto di riforma che non risolverebbe nessuno dei problemi del Paese, né in termini di efficienza né di contenimento dei costi, mentre produrrebbe un preoccupante deficit di democrazia”. Sono inoltre previste iniziative congiunte sul territorio.
All’esito della consultazione si attribuisce però anche un significato politico “poiché – spiegano Berlusconi-Salvini-Meloni – attraverso di essa il presidente del Consiglio, il terzo premier consecutivo non eletto dagli italiani, cerca una legittimazione che non merita, visti i fallimenti del suo governo in ogni settore”. Ma è proprio su ciò che accadrà il giorno dopo il referendum che ci sono visioni diverse tra l’ex premier e il duo lepenista. Nella sua intervista tv, infatti, Berlusconi ha aperto alla possibilità di un governo di larghe intese per fare una riforma condivisa, mentre Salvini è convinto che in caso di vittoria del no si dovrebbe andare subito a votare, anche con il Consultellum. Una distanza che rischia di creare una frattura anche all’interno della stessa Forza Italia. Nonostante il rientro in campo dell’ex premier esaltato da tutti, infatti, il partito è provato da mesi in cui è stato lasciato allo sbando delle correnti e dei personalismi. Il rischio, dunque – se non proprio di una scissione – è di un forte scontro, il giorno dopo il referendum, tra chi è favorevole a un ingresso nell’eventuale governo e chi, invece, pensa che bisogna tenersi lontani dalle larghe intese anche in ossequio al tentativo di tenere unito il centrodestra. Discorsi che si basano sulla grande incognita dell’esito della consultazione che, però, sin da ora, animano molti dei conciliaboli tra gli esponenti azzurri. Chi invece ha deciso di non aspettare il referendum per fare la sua mossa è Matteo Salvini che è tornato a lanciare una opa sulla leadership del centrodestra. “I sondaggi in questo momento – sostiene il segretario del Carroccio – dicono che la Lega è il primo movimento di centrodestra. Quindi, se si votasse domani mattina, secondo il parere degli italiani, che sono gli unici che possono decidere in questo momento, il segretario della Lega sarebbe il candidato leader del centrodestra”.