Bersani divide sinistra Pd, si prova documento per stare uniti

Bersani divide sinistra Pd, si prova documento per stare uniti
1 aprile 2015

di Giuseppe Novelli

L’affondo di Pier Luigi Bersani sull’Italicum mette a dura prova la tenuta della sinistra Pd e se solo renziani e giovani turchi attaccano pubblicamente, di fatto anche in Area riformista sono molte le perplessità sui toni usati oggi dall’ex segretario. Il leader della componente, Roberto Speranza, a precisa domanda si limita a rispondere che c’è “molta, troppa ingenerosità nei confronti di Bersani”, ma sono in molti a scommettere che lo stesso capogruppo Pd non seguirà la linea dura al momento del voto. Certo, Speranza proverà fino all’ultimo a proporre un terreno di mediazione, a convincere Matteo Renzi che con alcune concessioni sull’Italicum si terrebbe il Pd unito e si spianerebbe anche la strada al via libera del Senato alla riforma costituzionale. Ma Renzi non ha nessuna intenzione di ritoccare l’Italicum, rimandandolo di nuovo al Senato ed è convinto che alla fine saranno in pochi a seguire Bersani. La previsione che il premier fa con i suoi, del resto, sembra trovare conferma proprio nelle divisioni della minoranza. Dario Ginefra, per esempio, spiega: “In questi giorni – spiega – si susseguono dichiarazioni e interviste di autorevoli esponenti che non credo rappresentino in modo fedele il pensiero di un luogo (Area riformista, ndr) nato per irrobustire il ruolo del Pd. Se la missione dovesse invece diventare quella di ‘guastatrice’ del governo Renzi è giusto che si sappia perchè ciascuno possa sentirsi libero di fare le proprie scelte”.

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Toni simili sono quelli di Cesare Damiano, che significativamente parla di “minoranze” che, a suo giudizio, “devono prima fare un percorso di discussione approfondita e preventiva” perché “non si può dare un’indicazione con un’intervista”, dal momento che “le opinioni sono molto diversificate e hanno bisogno di essere verificate con grande attenzione. Si può convergere o divergere, personalmente mi confronterò con i miei colleghi di area riformista, sapendo che dobbiamo fare i conti con alcuni interrogativi: Renzi sulla legge porrà la fiducia o no? Presenteremo un emendamento? Sono favorevole a farlo, dopodichè sul voto finale decideremo, fermo restando che la fiducia al governo non si può negare”. Un altro esponente di Area riformista la mette giù in modo più esplicito: “Non capisco qual è il punto di atterraggio di Bersani, il timore è che non lo abbia chiaro nemmeno lui… Del resto, alla manifestazione dello scorso 21 marzo si è visto che ci sono tante linee diverse. Io dico che alla fine Bersani rischia di girarsi e non trovare nessuno a seguirlo, o solo i suoi fedelissimi…”.

Un esito che non piace nemmeno ai bersaniani e non a caso Davide Zoggia parla di un possibile documento in favore di un’ulteriore mediazione, tratto dall’intervento di Speranza in direzione Pd: “Noi non vogliamo né uscire né essere mandati via dal partito, vogliamo contribuire a rafforzare questo partito. E credo che l’interlocuzione verso quello che proponiamo meriti rispetto. Renderemo pubblico un appello di Speranza con l’adesione di molti parlamentari: siamo nella stessa barca, Renzi non ci consideri sabotatori”. Il problema, però, arriverà al momento del passaggio in commissione, dove la sinistra Pd è maggioranza, e poi del voto finale sul provvedimento. Lì si porrà un bivio, di fronte all’irremovibilità di Renzi: andare allo scontro, cercando di far mancare i numeri o adeguarsi alla linea della maggioranza? Sarà quello il passaggio più complicato per lo stesso Speranza, “lì si vedrà se sarà capace di emanciparsi”, dice un parlamentare ‘dialogante’ di Area riformista. Alfredo D’Attorre e i duri sono convinti che la minaccia di andare a elezioni anticipate sia un bluff, ma non tutti la pensano allo stesso modo nella minoranza, anzi “nelle minoranze” Pd.

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