Pete Buttigieg lascia. Il primo candidato apertamente omosessuale alle primarie di uno dei due principali partiti degli Stati Uniti ha annunciato la fine della sua corsa alla Casa Bianca. Nonostante un avvio di successo, la campagna elettorale del candidato trentottenne ha perso impeto. Il risultato delle primarie in Soruh Carolina – dove l’ex vicepresidente Joe Biden ha incassato una solidissima vittoria, confermando la presa sull’elettorato afroamericano – lo ha convinto a ritirarsi in vista del Super Tuesday, martedì notte, quando si voterà in 14 stati per scegliere l’avversario di Donald Trump alle presidenziali. Attualmente restano sei Democratici in corsa per le primarie, in testa Bernie Sanders ma Joe Biden è in netta ripresa. Per la prima volta dovranno affrontare la concorrenza del miliardario Michael Bloomberg, ex sindaco di New York, che ha inondato gli States con mezzo miliardo di dollari in spot televisivi e che non si era presentato alle prime quattro primarie ma ora tenta il colpo grosso.
Febbraio è stato il mese dei primi Stati al voto (Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina), dell’ascesa e caduta di Pete Buttigieg, delle conferme per Bernie Sanders, delle difficoltà e della parziale rinascita di Joe Biden. Le certezze sulle primarie democratiche per le presidenziali statunitensi sono ancora poche, ma il Super Tuesday di domani serverà senz’altro a fornire un quadro più chiaro: sarà il giorno con più Stati al voto, più elettori alle urne, più delegati assegnati, addirittura il 34% di quelli che eleggeranno il candidato presidenziale durante la convention nazionale di Milwaukee. Sarà un Super Tuesday anche per il partito repubblicano, ma Donald Trump è praticamente senza rivali, come consuetudine per un presidente in carica. Quattordici Stati e un territorio statunitense andranno al voto domani, assegnando – in modo proporzionale, con sbarramento a livello distrettuale e statale al 15% – un totale di 1.357 delegati; per comprendere l’importanza della giornata, basti pensare che, per conquistare la nomination, servono 1.990 delegati.
A votare saranno gli elettori di Stati molto diversi tra loro per posizione geografica (dalla California al Maine) e tradizioni politiche (Stati ‘blu’ come il Massachusetts e ‘rossi’ come Texas e Oklahoma). Anche i democratici che vivono nelle Samoa americane organizzeranno i loro caucus domani e cominceranno a votare anche i democratici che vivono all’estero. I seggi chiuderanno a orari diversi, tra l’1 di mercoledì mattina in Italia (Vermont) e le 5 (California).
Per i risultati definitivi sarà necessaria la mattina di mercoledì, soprattutto per quelli provenienti dalla West Coast; per i risultati definitivi della California potrebbero essere necessari dei giorni, visto che dovranno arrivare i voti inviati per posta. Nessuno potrà conquistare la nomination domani, ma è fuor di dubbio che sarà una giornata spartiacque. Quest’anno, poi, il Super Tuesday si è arricchito della presenza della California, che ha deciso di anticipare il voto da giugno a marzo per avere un peso maggiore nella scelta; questo significa aver aggiunto lo Stato più popoloso, che da solo assegnerà il 30% dei delegati di giornata.
Il Super Tuesday servirà probabilmente a delineare lo scontro, inevitabile, tra l’ala moderata e quella progressista: se la seconda sembra aver scelto il senatore Bernie Sanders rispetto alla senatrice Elizabeth Warren, la prima appare più indecisa, anche se orientata verso l’ex presidente Joe Biden; l’ala moderata ha intanto perso Buttigieg: l’ex sindaco di South Bend, terzo nel conteggio con 26 delegati, ha annunciato ieri il ritiro, consapevole di non essere stato in grado di conquistare latinoamericani e afroamericani e di andare verso una netta sconfitta nel Super Tuesday; sarà interessante scoprire a chi andranno in eredità i suoi voti. C’è un’altra ragione che rende particolarmente interessante questo Super Tuesday: l’ingresso in gioco del miliardario Mike Bloomberg, che ha disertato i primi quattro appuntamenti elettorali per puntare tutto sulla giornata di domani, spendendo centinaia di milioni di dollari in pubblicità. Il sostegno nei suoi confronti, anche tra gli elettori afroamericani, è notevolmente aumentato nelle ultime settimane, secondo i sondaggi.
Secondo le previsioni del sito FiveThirtyEight, Sanders è praticamente certo di vincere in cinque Stati: California, Colorado, Utah, Maine e Vermont; Biden è nettamente in testa in Alabama, North Carolina, Oklahoma e Tennessee. I due si contendono la vittoria in Texas, Virginia, Arkansas e nelle Samoa americane. Sanders è invece insediato in Massachusetts e Minnesota dalle due senatrici ‘di casa’, ovvero Elizabeth Warren e Amy Klobuchar; quest’ultima, difficilmente conquisterà dei delegati negli altri Stati, secondo le previsioni. Poi, c’è la variabile Bloomberg: l’andamento dell’ex sindaco di New York influirà anche sugli altri candidati moderati, a partire da Biden; secondo FiveThirtyEight, il miliardario potrebbe ottenere dei delegati in tutti gli Stati. La previsione del sito del giornalista Nate Silver per il Super Tuesday è la seguente, in termini di delegati: Sanders 540, Biden 395, Bloomberg 194, Warren 133 e Klobuchar 33; inoltre, ci sarebbero i 50 delegati previsti per Buttigieg.
Ora, il conteggio dei delegati recita: Sanders 58, Biden 50, Buttigieg 26, Warren 8, Klobuchar 7. Per ottenere la nomination, serve conquistare 1.990 dei 3.979 delegati “impegnati”; i 771 superdelegati, liberi di votare per chi preferiscono, entreranno in gioco solo durante l’eventuale seconda votazione, con una brokered convention, in mancanza di una maggioranza di delegati a sostegno di un candidato. Un’ipotesi, comunque, tutt’altro che remota: per FiveThirtyEight, c’è il 65% di possibilità che accada. La speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha già avvertito i democratici sull’importanza del ruolo di superdelegato – assegnato a parlamentari, ex governatori, leader di partito – e sulla necessità di un partito unito. Potrà esserlo dietro a Sanders, se arriverà alla convention con il maggior numero di delegati, ma senza una maggioranza?
Il Super Tuesday è la giornata in cui negli Stati Uniti va al voto il maggior numero di Stati per scegliere chi correrà nell’uno e nell’altro schieramento. In sostanza è il giorno in cui si voterà in molti Stati contemporaneamente. Ogni Stato ha diritto di decidere il giorno delle primarie ma a partire dalle Presidenziali del 1984 è sorto l’uso di unificare in alcuni giorni dell’anno la votazione in più Stati e di farlo di martedì, i cosiddetti super tuesday. Per le primarie del 2020 il primo Super Tuesday è previsto per il 3 marzo, mentre l’ultima tornata elettorale è quella democratica il 16 giugno nel Distretto di Columbia (Washington). l Congressi nazionali si terranno in estate con i Democratici che l’hanno messo in agenda dal 13 al 16 luglio 2020 a Milwaukee, mentre i Repubblicani dal 24 al 27 agosto a Charlotteville.
L’ultimo Super Tuesday si tenne il 1º marzo 2016 quando venne decretato il predominio di Donald Trump in campo repubblicano. Martedì 3 marzo quindi si comincia a fare sul serio, infatti si voterà per la scelta del candidato in molti stati. Il Super Tuesday del 2020 darà un risultato scontato per i repubblicani visto che la gara a due tra Donald Trump e Bill Weld, ex governatore del Massachusetts darà con certezza la vittoria dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Per raggiungere la nomination democratica servono 1885 delegati su 3768 e ogni singolo Stato, in base alla sua popolazione, assegna un certo numero di delegato Per i democratici il Super-Tuesday dovrebbe sfoltire notevolmente la rosa di candidati democratici in cui troviamo il super favorito Bernie Sanders, e poi Joe Biden, Elizabeth Warren e Mike Bloomberg. Pete Buttigieg, il 38enne, ex sindaco di South Ben invece ha scelto di ritirarsi dopo il flop in South Carolina
Rispetto agli stati in cui si vota prima del 3 marzo, Iowa, New Hampshire, Nevada e Carolina del Sud – gli stati che partecipano al voto delSuper-Tuesday sono più popolosi. Quest’anno l’appuntamento di martedì è importante perché si voterà anche in California, mentre in passato i californiani hanno sempre votato a giugno. Domani si vota in Alabama, Samoa, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont, Virginia. La votazione non avverrà per tutti allo stesso orario visto in Vermont dovrebbero finire verso le 19 orario locale mentre in California andranno avanti fino alle 23.