Presidente della Bielorussia dal 1994, Aleksandr Lukahsenko (foto) non esclude di candidarsi per un nuovo mandato, anzi, l’ampio rimpasto governativo operato oggi sembra confermare che il più sovietico dei leader dell’ex Urss sia deciso a correre per succedere a se stesso nel 2015. “Esiste una prassi: prima delle elezioni presidenziali il popolare deve poter vedere la squadra che sarà al lavoro dopo queste elezioni, se il l popolo ci sopporterà ancora”, diceva pochi giorni fa il capo dello Stato bielorusso. Il rinnovo del team governativo varato in gran fretta equivale in tal senso alla presentazione del suo ticket presidenziale, ma è anche lo specchio delle preoccupazioni che assillano i vertici bielorussi, alle prese con il “contagio” dalla crisi del rublo.
Lukashenko ha dato il via libera alla nomina di un nuovo primo ministro, che va a sostituire Mikhail Myasnikovich, e di un cambio della guardia al vertice della Banca nazionale. Due posti chiave nella gestione del delicato momento, che ha costretto le autorità, pochi giorni fa, a varare una serie di misure decisamente invise agli imprenditori, ma anche alla gente comune. Come nuovo capo del governo è stato nominato Andrei Kobyakov, in precedenza capo dello staff presidenziale. Il primo vicepremier diventa Vasily Matyushevsky, che prende il posto di Vladimir Semashko, “retrocesso” alla carica di semplice vicepremier e affiancato con lo stesso incarico da Natalya Kachanova. A capo dell’amministrazione presidenziale arriva Alexander Kosinets, sino a poco tempo fa responsabile dell’amministrazione regionale di Vitebsk. A guidare la Banca nazionale arriva invece Pavel Kallaur, che va a rimpiazzare Nadezhda Ermakova.
Il crollo del rublo ha messo sotto i riflettori l’eccessiva dipendenza della Bielorussia dalla Russia, primo mercato di esportazione (con una quota di quasi il 50% di tutto l’export bielorusso) e anche primo tra i Paesi che esportano verso Minsk e dintorni. Di fronte alla caduta libera della valuta russa, Lukahsenko ha ordinato di commerciare con l’alleato russo solo in dollari, al massimo in euro: una mossa che non piacerà certo al Cremlino, che addirittura vorrebbe vedere presto in campo una valuta comune tra i Paesi che partecipano all’Unione economica eurasiatica, ovvero Russia, Kazakistan e Bielorussia.
Non è detto che il proposito del presidente russo si traduca in pratica, tuttavia il suo governo è dovuto correre ai primi ripari, con una serie di misure per bloccare la fuoriuscita di valuta forte dalle casse statali e dal Paese in generale. Fino al primo febbraio 2015 ci sarà una trattenuta del 30% sull’acquisto di valuta estera ed è passata dal 30% al 50% la quota obbligatoria di valuta dai loro profitti che gli esportatori devono vendere. Le elezioni presidenziali si terranno entro novembre 2015 e Lukashenko vuole che l’emergenza economica rientri prima di andare al voto. Non sarà facile: la Russia è proiettata verso una nuova fase di recessione e la Bielorussia difficilmente potrà dividere il suo destino dalla sorella maggiore ex sovietica. Nei primi 10 mesi del 2014, il Pil bielorusso è cresciuto dell’1,5% e le stime che volevano l’anno chiuso con un buon +3,3% erano basate su un netto miglioramento in termini di commercio estero, che non c’è stato. Le previsioni per il 2015 non sono ancora state approvate.