Bilanci truccati alla Parmacotto, l’azienda del prosciutto finisce nei guai
Presentando bilanci falsificati Parmacotto ha ottenuto nel 2011 finanziamenti pubblici per 11 milioni di euro. Per questa truffa aggravata sono stati indagati due amministratori dell’azienda del settore alimentare di Parma. La Guardia di Finanza ha eseguito il sequestro “urgente” degli 11 milioni di euro. Nel frattempo la procura ha nominato un amministratore giudiziario per “garantire la continuità e lo sviluppo aziendale e sino al completo recupero, da parte dello Stato, delle somme illecitamente percepite dalla società”. Il sequestro è l’epilogo di una complessa indagine sui bilanci di Parmacotto e la contabilità fiscale dell’azienda che negli anni aveva costruito un “castello finanziario”, basato su crediti da controllate (per un valore di oltre 30 milioni nel 2013) che si sono rivelati inconsistenti. Secondo gli inquirenti, in questo modo gli amministratori pro-tempore della società, “attraverso artifici contabili, false attestazioni e la conseguente falsificazione di un bilancio annuale d’esercizio, erano riusciti a far apparire una situazione economico-patrimoniale talmente fiorente da indurre in errore una società di diritto pubblico” che, come hanno ricordato le Fiamme Gialle in una nota stampa, ha finalità di sostenere e sviluppare investimenti produttivi e programmi di sviluppo di aziende italiane sane e redditizie, che ha poi provveduto a erogare un finanziamento di 11 milioni di euro.
“L’azienda non verrà chiusa: il complesso dei beni aziendali (disponibilità finanziarie, quote societarie, beni mobili e immobili, ecc), sottoposti a vincolo giudiziario – hanno spiegato i militari della Guardia di Finanza – verranno utilizzati e gestiti sotto il controllo di un amministratore giudiziario professionista del settore, appositamente nominato dalla Procura, al fine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendale e sino al completo recupero, da parte dello Stato, delle somme illecitamente percepite dalla società”. Gli 11 milioni di denaro pubblico sono stati concessi a settembre 2011 dopo aver presentato un “bilancio non rispondente alla reale situazione economica e finanziaria dell’azienda”. In particolare, come spiega la Guardia di Finanza, gli amministratori “in quell’anno rinviavano a esercizi futuri costi di gestione già certi nella loro manifestazione, evitando così di far apparire una consistente perdita di esercizio”.
La situazione critica “latente” è poi esplosa nel 2014 quando la società si è vista costretta a ricorrere alla procedura, prevista dalla legge fallimentare, del concordato preventivo in continuità, per le enormi perdite non più occultabili. “Il reato configurato dalla Procura della Repubblica è quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, commesso dai due amministratori, ora indagati – si legge nel comunicato stampa -. Il sequestro mira a recuperare il denaro pubblico che l’azienda ha ricevuto indebitamente sotto forma di aumento del proprio capitale sociale: le concessioni di tali forme di finanziamento pubblico hanno lo scopo di sostenere le aziende italiane in crescita, sane e redditizie, escludendo, pertanto, salvataggi di realtà aziendali che acquisirebbero, così, un ingiusto vantaggio sul mercato a scapito di quelle aziende che, pur in difficoltà, rispettano le leggi e continuano, tuttavia, ad improntare i loro atti e comportamenti sull’onestà e sull’etica, sia gestionale che contabile”.