Bimbo con 2 madri, giudici dicono sì a trascrizione atto di nascita. Genitore: “Ci sentiamo sollevate”
Dopo una querelle durata oltre un anno l’Ufficiale di Stato Civile di Napoli trascriverà l’atto di nascita di un bambino riportando il nome della madre biologica e, come secondo genitore, il nome della donna che ha sposato in Spagna. A deciderlo è stato il Tribunale secondo il quale l’indicazione sull’atto di entrambe le donne come genitori, e l’attribuzione al bambino del loro cognome, non contrasta con l’ordine pubblico. Il caso del bimbo con due madri scoppiò nell’ottobre del 2015 quando il prefetto ordinò al sindaco di annullare la trascrizione dell’atto di nascita – che menzionava come genitori due donne – eseguita il 30 settembre dello stesso anno. Il sindaco Luigi de Magistris non fece marcia indietro, ignorò quell’indicazione e il prefetto decise di procedere alla cancellazione della trascrizione, il 5 novembre. Il primo cittadino, con le due madri, decise di ricorrere ai giudici che oggi hanno messo la parola fine alla vicenda.
“E’ una vittoria che apre la strada a tante coppie italiane che vivono all’estero” ha commentato la madre biologica del bambino. “Ci sentiamo sollevate – ha continuato – perché se dovessimo tornare in Italia, questa decisione del Tribunale ci fa sentire tutelate”. Per la donna, che è napoletana, “è un grande orgoglio che questa sentenza sia stata emessa dal Tribunale di Napoli, la mia città di cui sono molto fiera e da cui abbiamo avuto grandissimo appoggio. Napoli – ha aggiunto – dimostra di essere avanti e il sindaco de Magistris è il nostro sindaco, è il sindaco di nostro figlio. Per noi – ha concluso – ha fatto una grande cosa”. Secondo il primo cittadino partenopeo, “è stata vinta una grande battaglia non solo di civiltà giuridica ma anche e soprattutto di natura morale e sociale, che dal primo momento abbiamo fatto nostra”.
Una vittoria “giuridica, ma anche umana”, ha aggiunto de Magistris. Tornando alla sentenza, secondo il Tribunale di Napoli, va accordata primaria tutela alla personalità del figlio “specialmente se bisognoso della particolare cura che gli deriva dall’infanzia in cui versa e che ben può valere a fondare il suo diritto a non essere sradicato dal nucleo sociale legalmente creato dalla madre che l’ha partorito, nel quale già solo in forza del doppio impegno, meglio può essere svolta la funzione educativa senza che abbiano a prevalere conseguenze sfavorevoli riconducibili allo stato soggettivo di non partoriente della compagna legale della madre”. La cancellazione, per i giudici, sarebbe atto sproporzionato “in presenza di un modello familiare che, secondo il sentire e l’agire del legislatore sovranazionale, può ricevere legittimazione a sufficienza dal raccordo tra il dato materiale, il parto (…) e il dato spirituale”.