Blitz contro la rete del boss Matteo Messina Denaro, 21 fermi

Dda: “Pronta a scoppiare una guerra tra cosche” video

carabinieri

Blitz in provincia di Trapani contro una rete di boss e fiancheggiatori vicini a Matteo Messina Denaro: 21 i fermati nell’operazione che ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei ‘pizzini’ con i quali dava le disposizioni agli affiliati. Le indagini di Polizia, Carabinieri e Dia hanno confermato sia il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani sia quello del cognato, reggente del mandamento di Castelvetrano in seguito all’arresto di altri familiari. Da pedinamenti, appostamenti e intercettazioni e’ emersa la conferma di come Cosa nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra sistematicamente alle intimidazioni per infiltrare il tessuto economico e sociale.  Il destinatario del ventiduesimo fermo – non eseguito, non ancora… – e’ quello del superlatitante Messina Denaro che questa inchiesta denominata “Anno zero” conferma il dominus della provincia di Trapani e l’uomo forte di Cosa nostra. Resta il fatto che il blitz e’ l’ennesimo giro di vite stretto attorno al padrino. Colpiti i fedelissimi e i fiancheggiatori piu’ stretti del boss, catturati tra Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna. Tra gli arrestati nella poderosa operazione, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Claudio Camilleri, Gianluca De Leo, Francesca Dessi’, Geri Ferrara, Carlo Marzella e Alessia Sinatra, i due cognati di Messina Denaro – Gaspare Como e Rosario Allegra, mariti di Giovanna e Bice, sorelle del capomafia – che avrebbero gestito i suoi principali affari: erano l’interfaccia del latitante, i registi degli interessi economici e della rete di comunicazione tra il padrino di Castelvetrano e i suoi uomini che assicurano il flusso di pizzini nei suoi movimenti che lo collocherebbero, almeno in una certa fase, tra la Sicilia e la Calabria. Tutti sono indagati per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalita’ mafiose.

“Pronta a scoppiare guerra cosche” 

Un “pericolosissimo contesto, “idoneo, come la tragica storia di Cosa nostra insegna, a scatenare reazioni cruente contrapposte, e quindi dare il via ad una lunga scia di sangue”. Cosi’ la procura di Palermo scrive nell’ordinanza dell’imponente operazione “Anno zero” che ha smantellato la rete dei pizzini di Matteo Messina Denaro. Un quadro che avrebbe potuto portare a una nuova guerra di mafia, insomma. Giuseppe Marciano’, genero del boss di Mazara del Vallo Pino Burzotta, era stato ucciso il 6 luglio 2017 segnale della faida in corso che poteva subire una impennata. Per la Dda a partire dal 2015 “si registra un lento progetto di espansione territoriale da parte della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che ha riguardato anche il territorio di Castelvetrano, divenuto vulnerabile a causa, per un verso, della mancanza su quel territorio di soggetti mafiosi di rango in liberta’, e, per altro, dalla scelta di Messina Denaro che, nonostante gli arresti dei suoi uomini di fiducia e dei suoi piu’ stretti familiari, non ha autorizzato omicidi e azioni violente, come invece auspicato da buona parte del popolo mafioso di quei territori”. Un comportamento criticato da alcuni affiliati come Marciano’ poi ucciso.

Intercettazione, Messina Denaro in Calabria ed e’ tornato 

L’imprendibile boss Matteo Messina Denaro “era in Calabria ed e’ tornato”. Messina Denaro – detto “u siccu” – ricercato dal 1993 si muove e sarebbe stato anche in Calabria. A rivelarlo, in una intercettazione, uno degli arrestati nel blitz “Anno Zero”, disposto dalla Dda di Palermo nel corso del quale sono stati fermati i fiancheggiatori che avrebbero favorito la latitanza del capomafia. Nelle intercettazioni viene anche detto che Messina Denaro avrebbe “incontrato cristiani (ovvero persone, ndr”. Il “fermo – emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo – coordinata dal procuratore capo, Francesco Lo Voi – ricostruisce l’ultima “rete” di fiancheggiatori vicini, vicinissimi, al boss castelvetranese. Che comunica poco e si fa vedere il meno possibile. Due intercettati parlano e “commentano” un pizzino che sarebbe stato scritto dal boss, “pizzino” che pero’ non sarebbe stato rinvenuto dagli investigatori: “Nel bigliettino e’ scritto… lo vedi? Questo scrive cosa ha deciso… quello ha detto”. Il boss, infatti, a differenza dei suoi predecessori (ad esempio, Provenzano) avrebbe dato l’ordine di “distruggere immediatamente” i suoi biglietti. Dalle conversazioni intercettate si percepisce anche il malumore della madre di Matteo Messina Denaro: “La madre di Matteo … che lui non scrive si lamenta, lui deve scrivere .. vorrei vedere a te. Non gli interessa niente di nessuno”.

Pm, “6 i capi fermati oggi,ruolo strategico dei 2 cognati” 

“L’operazione di oggi e’ la sintesi di piu’ indagini in corso sul territorio che costituisce il vero cuore pulsante del latitante Matteo Messina Denaro. L’indagine infatti fa registrare una affectio societatis da parte del boss castelvetranese, tanto che due cognati sono stati colpiti dal fermo. Lo scopo strategico di questo intervento e’ quello di evitare e scongiurare alcuni fatti, anche di sangue, che emergevano dalle intercettazioni: l’anno scorso c’e’ stato un omicidio che ha lasciato di sasso gli esponenti del territorio. Oltre a colpire soggetti a lui vicini dal punto di vista familiare si registra una vicinanza da parte di altri soggetti che lo paragonano ai santi. Sei i capimafia arrestati che operano nei territori di Castelvetrano e Campobello di Mazara”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Guido che coordina il gruppo che si occupa delle indagini sulla ricerca del latitante.

Potere e regole di Messina Denaro restano saldi

“La struttura mafiosa trapanese e’ saldamente nelle mani del boss latitante Matteo Messina Denaro e lo possiamo dire perche’ al vertice vi sono i suoi familiari. Inoltre questa componente mafiosa di cosa nostra trapanese esprime la sua forza rispettando le sue regole: dirime le controversie attraverso la capillare e pervasiva presenza sul territorio”. Lo ha sostenuto il generale Pasquale Angelosanto, comandante del Ros dei carabinieri nel corso della conferenza stampa al palazzo di giustizia di Palermo sull’operazione “Anno zero”. “Il Ros – aggiunge – mantiene un’attivita’ incessante e progressiva su questi territori: negli ultimi anni intervenuti piu’ volte anche per ‘stoppare’ le azioni delle ‘famiglie’ mafiose”.

Presi i principali colonnelli di Messina Denaro

“Queste indagini sono molto importanti perche’ hanno permesso di intervenire sui principali ‘colonnelli’ del boss latitante e perche’ interveniamo sulle pressioni esercitate da cosa nostra sul territorio in provincia di Trapani. Questa attivita’ consente di allentare la pressione mafiosa sul territorio”. Lo ha detto Alessandro Giuliano, direttore del Servizio centrale operativo della polizia di Stato nelcorso della conferenza stampa sull’operazione “Anno zero”.