Cresce la voglia di internazionalizzazione: nel 2014 7.300 studenti delle scuole superiori si sono recati all’estero con un programma di studio di lunga durata, con un aumento del 55% rispetto solo a 3 anni fa. 3.200 adolescenti di tutto il mondo hanno scelto l’Italia per trascorrere alcuni mesi di scuola della propria formazione didattica e culturale (+14% dal 2011). Piu’ di due terzi degli istituti superiori italiani (68%) hanno aderito a un progetto internazionale (nel 2011 erano uno su due). In breve, finalmente un passo in avanti sulla scala dell’indice di internazionalizzazione che misura l’apertura delle nostre scuole al confronto con l’estero, rimasto stagnante dal 2009 a 37 punti e che invece nel 2014 raggiunge quota 41. Un passo apparentemente piccolo che rappresenta invece una grande evoluzione per la nostra scuola nel cammino verso la creazione di un sistema educativo capace di rendere piu’ ‘internazionali’ le nuove generazioni, in modo da porle allo stesso livello degli altri paesi europei. Questi i maggiori risultati della ricerca “Generazione Inoccupati? No grazie”, edizione 2014 dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilita’ studentesca.
Ci sono pero’ delle barriere che ancora ostacolano l’altro 32% di scuole superiori che non partecipano a progetti internazionali. A detta dei 431 Presidi intervistati, le due principali motivazioni sono la scarsa adesione da parte degli studenti (24%) e l’impossibilita’ di ottenere finanziamenti (23%). Un altro forte impedimento inoltre, sempre a detta dei Presidi, nasce da quel 49% di insegnanti che ancor oggi subirebbe la scelta della scuola di sostenere i progetti internazionali. Per fortuna c’e’ anche un ottimo 42% di prof che invece partecipa attivamente all’organizzazione, e’ favorevole e proattivo; rimane infine anche un 8% di docenti che cerca proprio di dissuadere gli studenti, in particolare dalla partecipazione ai programmi di mobilita’ individuale. E a proposito dell’anno scolastico all’estero, va sottolineato in ogni caso che i Presidi promuovono senza riserve questa esperienza assegnandole un voto ‘8’ in una scala da 1 a 10. –
Un campione di 500 tra professori delle scuole superiori e docenti universitari e’ stato intervistato dall’Osservatorio per comprendere il grado di preparazione dei nostri ragazzi al termine della maturita’ per fronteggiare il mondo accademico prima e lavorativo poi. Risultato: per i docenti universitari i nostri neodiplomati sono in realta’ impreparati, la loro preparazione prende un misero 5,5 in pagella, soprattutto perche’ sono fortemente in difficolta’ nel parlare una lingua straniera e nel problem solving. Fortunatamente esistono anche aree di soddisfazione: i nostri adolescenti sono invece promossi nella capacita’ di relazionarsi con altre culture probabilmente grazie anche alla crescente presenza in classe di adolescenti di nazionalita’ diverse, la capacita’ di lavorare in gruppo e soprattutto nell’utilizzo della tecnologia e degli strumenti informatici. Tra gli effetti della tecnologia nella vita degli studenti, emerge dall’indagine una piu’ alta predisposizione ad informarsi e ad aggiornarsi nonche’ a sviluppare una maggiore propensione a ragionare in termini globali.
Inoltre, uno studio dell’OCSE delineava gia’ nel 2006 un trend in atto che evidenziava come gli alunni che usavano regolarmente un computer ottenessero in generale dei risultati migliori nelle principali materie, rispetto a quelli che avevano solo un’esperienza limitata delle tecnologie informatiche: nel 2012 l’indagine realizzata per Intercultura confermava la tendenza. Allo stesso tempo gli strumenti ‘innovativi’ stanno arrivando sempre piu’ a disposizione di tutte le fasce di reddito secondo un processo di democratizzazione dell’innovazione che puo’ quindi aprire maggiori opportunita’ per tutti. La possibilita’ di accesso alla tecnologia a scuola e’ vista tuttavia dagli studenti ancora modesta; la situazione migliora invece all’universita’, anche se e’ considerata meno tecnologica rispetto a quella dei principali Paesi Europei.
La ricerca ha quindi indagato le caratteristiche dello studente ‘brillante’, imprescindibili per affrontare un percorso di successo all’universita’ e nel lavoro. Emerge chiaramente che deve esserci un giusto mix tra tratti caratteriali, competenze trasversali e una adeguata preparazione scolastica. Se, allo stato attuale – secondo i docenti universitari – gli studenti brillanti sono uno su quattro tra i neodiplomati, il numero potrebbe migliorare se solo le scuole investissero nelle competenze trasversali, creando un ambiente didattico che promuova la voglia di approfondire e la curiosita’ (29%), accompagnate da un atteggiamento di impegno e sacrificio (26%), la capacita’ di ragionamento e di elaborazione critica (30%), l’autonomia (23%), una buona preparazione scolastica (13%) e la conoscenza delle lingue straniere (7%). Una scuola che vuole formare studenti brillanti non puo’ prescindere dall’inserimento, nel percorso di formazione, di esperienze in grado di far acquisire capacita’ relazionali e cognitive. In quest’ottica un’esperienza internazionale sembra essere in grado di contribuire in maniera determinante all’acquisizione delle competenze fondamentali per il successo degli studenti, ad oggi ritenute deficitarie dai docenti universitari.