Boschi chiude su Italicum: va bene così. Minoranza Pd al bivio

di Maurizio Balistreri

L’appello di Area riformista non convince Matteo Renzi, quell’invito a rimettere mano alla riforma elettorale sembra cadere nel nulla e, del resto, gli stessi promotori dell’iniziativa non si aspettavano una risposta positiva. E’ stata Maria Elena Boschi a chiarire come stanno le cose, a margine della riunione della commissione Affari costituzionali: “Dal punto di vista del governo questa legge elettorale è corretta, funziona, va bene e non c’è necessità di modifiche”. La battaglia si farà sugli emendamenti, l’ala dura della minoranza in queste ore sta tenendo i contatti con Fi e M5s per cercare convergenze in grado di far saltare in aula i piani renziani, ma la verità è che la stessa sinistra democratica appare sempre più divisa sull’atteggiamento da tenere al momento del voto. Il documento di Area riformista doveva servire proprio a cercare di tenere unite le minoranze del partito che, in realtà, hanno linee diverse: se Pippo Civati, Alfredo D’Attorre e Stefano Fassina sembrano determinati ad andare fino in fondo, buona parte della sinistra si preoccupa di come evitare quello che rischia sempre più di diventare un vicolo cieco. La riunione del gruppo della prossima settimana fisserà, probabilmente con un voto, la linea del partito, che sarà appunto quella di andare avanti senza modifiche. A quel punto, come ammette anche un esponente della minoranza, “il documento servirà a poco…”.

Ettore Rosato, vice-presidente del gruppo Pd, è molto netto: “Il gruppo Pd deciderà la linea, e ognuno si deve adeguare come in ogni comunità democratica. Se qualcuno non vorrà adeguarsi, ci porremo il problema…”. Rosato non si spinge oltre, ma è chiaro che a quel punto in commissione Affari costituzionali, dove la minoranza Pd è maggioranza, potrebbero esserci delle sostituzioni per garantire comunque i numeri alla riforma voluta da Renzi. Quello che è certo, precisa Rosato, è che “non ci saranno emendamenti all’Italicum”. Stessi toni usa Emanuele Fiano, responsabile riforme del partito: “Abbiamo fatto un lungo percorso, nel quale sono state accolte anche richieste della minoranza. Ora è il momento di approvare quel testo così com’è”. La mossa della sinistra Pd, a questo punto, sarà quella di giocare il tutto per tutto sugli emendamenti, come annuncia Alfredo D’Attorre: “Presenteremo in aula le nostre proposte migliorative e verificheremo quali convergenze ci saranno”. Le “convergenze”, appunto, dovrebbero essere innanzitutto con M5s, Fi e Sel. Lo stesso Giovanni Toti, oggi, ha spiegato di avere parlato con Pippo Civati proprio di “legge elettorale”. Il punto è che su questa linea non c’è unità nella minoranza Pd. Cesare Damiano, uno dei firmatari del documento, spiega: “E’ un errore del governo non riaprire un confronto, noi faremo la nostra battaglia parlamentare con un emendamento. Lì, o si vince o si perde e se si perde non credo si possa poi votare contro l’Italicum. Ma la battaglia va fatta”.

La battaglia, però, per Damiano e anche per un bersaniano come Davide Zoggia va fatta con “lealtà”. Spiega Zoggia: “Tutto si deve giocare comunque su un piano di lealtà”. Il che significa che tanti della minoranza non pensano sia corretto provare a costruire emendamenti ad hoc che raccolgano anche i voti degli avversari del governo solo per fare inciampare Renzi. “Del resto – aggiunge Zoggia – parlando con i nostri sul territorio mi rendo conto che la legge elettorale non appassiona più di tanto. Ci dicono: ok, fate la battaglia. Ma non capirebbero una rottura”. Anche perché, ragiona un altro esponente della minoranza, “non si può dire che l’Italicum è un attentato alla democrazia e poi sostenere che aumentando un po’ gli eletti con le preferenze si può votare… Se è un attentato alla democrazia si esce dal Pd, altrimenti si fa la battaglia ma poi ci si adegua”. Renzi, in realtà, potrebbe giocare la carta della fiducia per evitare di correre qualunque rischio nel voto segreto sugli emendamenti. Ma sono in pochi a scommettere su questa soluzione, anche perché sarebbe abbastanza irrituale porre la fiducia su una riforma elettorale: la fiducia il premier la porrà politicamente, ovvero farà capire chiaramente ai suoi parlamentari, e a quelli di Fi, che se saltasse l’Italicum sarebbe compromessa la legislatura. Lo stesso argomento che, non a caso, esponenti come D’Attorre usano al contrario: “Renzi vuole la legge elettorale per poi andare a votare, senza nemmeno completare la riforma costituzionale”. La prospettiva di tornare al voto non piace a tanti, perché molti non rientrerebbero in Parlamento. E proprio agitando questo spauracchio sia Renzi che i suoi avversari cercano di conquistare i voti di chi è ancora indeciso. Ma il premier è convinto che la partita sia già chiusa, anche perché da Fi – o meglio dall’ala vicina a Verdini – sarebbe arrivata la garanzia che in caso di voto segreto su emendamenti a rischio un qualche soccorso azzurro non mancherebbe.

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