Il nazionalista serbo filo-russo Milorad Dodik alla presidenza, zizzania tra croati e bosniacchi: dopo il voto di ieri la Bosnia si ritrova più divisa che mai e minacciata da una nuova, l’ennesima crisi politica. Da più parti si sottolinea oggi, ancora prima dei risultati definitivi, che l’esito delle elezioni per la presidenza centrale mettono a rischio la stabilità del sistema politico creato dopo la guerra degli anni Novanta.
Ieri gli elettori bosniaci hanno votato per l’elezione dei tre membri della presidenza, che rappresentano i serbi di Bosnia (ortodossi), i croati bosniaci (cattolici) e i bosniacchi, che sono i musulmani bosniaci. Secondo i risultati, non definitivi, Milorad Dodik ha vinto nell’entità serba, mentre per il seggio croato della presidenza tripartita il nazionalista di destra Dragan Kovic è stato battuto dal contendente moderato Zeljko Komsic. Il seggio dei musulmani di Bosnia va a Sefik Dzaferovic del partito conservatore SDA, che ha lanciato un appello “a tutti, affinché sia rispettata” la Costituzione.
Gli accordi di Dayton con cui nel 1995 si è conclusa ufficialmente la guerra hanno lasciato la Bosnia divisa lungo linee etniche in due entità semi-indipendenti – la Republika Serpska a guida serba e la Federazione croato-musulmana – affiancate da un governo centrale piuttosto debole. In questo quadro Dodik, che si oppone al sistema centralizzato, ha minacciato di indire un referendum per la secessione dell’entità serba. Un voto che sfascerebbe definitivamente la delicata costruzione istituzionale bosniaca, tutt’altro che perfetta, ma ad oggi garante della pace. La presidenza centrale formata da 3 membri viene eletta per due anni in rappresentanza delle tre etnie e presiede per primo quello che ha ottenuto la maggioranza dei voti. Seguono, a rotazione, ogni 8 mesi, gli altri due.
Dodik ha promesso di lavorare “meramente negli interessi e per il bene della Republika Serpska” e di assicurare “sostegno, attraverso i miei contatti diplomatici” alla sua linea. Parole riferite chiaramente alla Russia: durante la campagna elettorale è stato ricevuto dal presidente Vladimir Putin. Gli analisti fanno tuttavia notare che Dodik “sarà un fattore di ostruzione, può bloccare ma non imporre decisioni”, come sottolinea Florian Bieber dell’Università di Graz in Austria. Tra le altre idee a potenziale esplosivo, il nuovo presidente per l’entità serba ha proposto l’eliminazione della carica di Alto rappresentante della comunità internazionale per la Bosnia ed Erzegovina, che è la più alta autorità civile e controlla e garantisce il processo di stabilizzazione e, in particolare, può imporre misure legislative e rimuovere funzionari pubblici che intralcino la pacificazione.
Anche il nazionalista croato Covic (del partito HDZ) chiede la secessione dei croati dall’unione con i bosniacchi. E la sua sconfitta, invece di rasserenare l’orizzonte, rischia di alimentare nuove tensioni, perchè sia Covic che i media croati locali hanno puntato il dito contro gli elettori musulmani, accusati di essersi coalizzati proprio contro di lui. “I musulmani non posso scegliere i legittimi rappresentanti dei croati”, ha detto. Komsic da parte sua ha promesso di lavorare per una “Bosnia civica”, al di là delle divisioni etniche, proposito tradotto dal contendente sconfitto nell’imminenza di “una crisi senza precedenza in Bosnia”. Ma c’è anche chi pensa che alla fine il buon senso o quantomeno il pragmatismo prevarrà. “Quando si tratta di potere, i politici bosniaci sono molto più pronti al compromesso di quanto sembri inizialmente”, secondo Ranko Mavrak, osservatore basato a Sarajevo. Ma, avverte, potrebbero passare mesi prima che si mettano d’accordo. askanews