Botta e risposta sulla manovra tra le banche e il governo. L’Abi, l’associazione dgli istituti tricolore, ha protestato all’indomani dell’annuncio di un taglio sulla deducibilità dei costi sugli interessi passivi che l’esecutivo vuole introdurre nel Bilancio. Una misura su cui solleva dubbi di legittimità e che creerebbe una disparità di trattamento rispetto alle altre banche europee. Ma che soprattuto, secondo l’Abi, finirebbe per rappresentare un autogol per un governo che dice di voler rilanciare la crescita.
“Invece di punire un settore rallenterebbe la ripresa”, ha affermato il presidente Antonio Patuelli, durante la tavola rotonda alla 50esima giornata del credito, a Roma.
Il settore, specialmente nella Penisola è strettamente “interconnesso a tutte le attività produttive” e una misura simile avrebbe un impatto negativo su prestiti e risparmio. E, ha aggiunto Patuelli, potrebbe spingere le banche a accelerare il processo di cambiamento di modelli di business a discapito del trattamento di riguardo che ancora assicura alle Pmi tricolori. Più tecniche ma non meno dure le argomentazioni del direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini: il governo parla di taglio a privilegi e agevolazioni invece si tratta di “un costo di produzione”, ha detto. Questo potrebbe confliggere l’articolo 53 della Costituzione e “andrà certamente a incidere sul costo del credito. Inoltre è una misura che non ha riscontri nell’Ue e che creerebbe disparità contributive tra banche soggette alle stesse regole. Si determinerebbe una asimmetria”.
A stretto giro è arrivata la replica del vicepremier Luigi Di Maio. “Togliere qualche privilegio ai banchieri per restituire qualche diritto ai cittadini è sacrosanto e tutti ne beneficeranno. Se dai privilegi ai banchieri dipendesse il buon andamento dell’economia, con tutti i regali miliardari che gli hanno fatto i governi di prima oggi saremmo il Paese del Bengodi – ha insistito il titolare di lavoro e Sviluppo economico con un post su Facebook – . Invece non è così. E quindi si cambia.
Promessa mantenuta!”. Intanto, sul tema più generale di quello che sarà l’impatto delle misure di Bilancio sull’economia, l’esecutivo è sotto i riflettori anche da parte delle imprese. “Sulla crescita – ha avvertito il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia – il governo si gioca la sua credibilità e la sostenibilità della manovra”.
L’Italia deve puntare sulla competitività delle sue aziende in modo da avere più crescita e più occupazione, perché avere più lavoro, ha detto, significa meno necessità di misure di sostegno al reddito e quindi meno deficit. “Ricordiamoci – ha aggiunto – che la politica si misura sui risultati e non sugli obiettivi”. Il capo degli industriali si è comunque detto “parzialmente soddisfatto” delle nuove cifre che hanno accompagnato il Def, “vediamo una riduzione del rapporto deficit-Pil e si inizia a parlare di crescita”. Un ulteriore richiamo, stavolta sulla prudenza nella comunicazione è giunto dal presidente della Febaf (Federazione Banche Assicurazioni e Finanza), Luigi Abete che si è ricollegato alle dichiarazioni di Mario Draghi. In due recenti occasioni il presidente della Bce ha messo in rilievo i “danni”, in termini di maggiori costi di acceso al credito per imprese e famiglie, dovuti ad alcune dichiarazioni della politica.