Braccio di ferro nel Pd, Renzi non arretra: governo con tutti. Il dilemma di Franceschini

Braccio di ferro nel Pd, Renzi non arretra: governo con tutti. Il dilemma di Franceschini
9 dicembre 2016

È’ un vero braccio di ferro quello in atto nel Pd, ma stavolta Matteo Renzi non deve confrontarsi con Pier Luigi Bersani, come accaduto in questi anni, ma con Dario Franceschini, l’uomo che fin qui è stato il pilastro più importante del renzismo nel partito e che viene accreditato come il più vicino alle posizioni del Quirinale. Al di là della linea ufficiale, che parla di un Pd unito nel chiedere un “governo istituzionale”, è iniziata una partita dura dentro alla maggioranza che finora ha retto il partito e l’esito è tutto da scrivere. Il capo dello Stato, raccontano, intende sondare innanzitutto, nel primo giro di consultazioni, lo stato di salute della maggioranza che finora ha sostenuto il governo Renzi, dal momento che in Parlamento non c’è mai stato un voto di sfiducia, per poi provare a tirare le somme tra lunedì e martedì. Nel frattempo, Luigi Zanda, capogruppo al Senato e Franceschini hanno lanciato sul Corriere della sera l’idea di far restare Matteo Renzi fino al 2018, non proprio la linea illustrata dal segretario del partito nella direzione-lampo di mercoledì.

L’obiettivo dei franceschiniani, ma anche dei bersaniani e di molti altri nel partito, è quello di convincere Renzi a un bis o, in alternativa, di spingerlo almeno ad indicare un nome per la guida del governo, con la maggioranza attuale. Un ragionamento che, però, si scontra con un dato fondamentale, ragiona un esponente dei giovani turchi: “L’attuale maggioranza non esiste senza il Pd. E il Pd, domani pomeriggio, andrà da Mattarella per dare la propria disponibilità a un governo istituzionale, che coinvolga anche le opposizioni, non a una riedizione della maggioranza attuale”. Un altro dirigente Pd, con una carica importante, precisa: “Noi, responsabilmente, diremo al capo dello Stato che siamo disponibili a un governo istituzionale, non politico, senza limiti di tempo, guidato da una personalità che sceglierà Mattarella. Ma un governo così esiste solo se anche le opposizioni dicono di volerlo. Di sicuro, non faremo il bis del governo Monti, noi non ci mettiamo a sostenere un esecutivo mentre M5s, Lega e Berlusconi ci sparano addosso. Abbiamo già dato”. Ma dal momento che un governo istituzionale è giudicato da tutti impossibile, è chiaro che la vera questione è capire cosa accadrà quando il capo dello Stato certificherà l’impossibilità di un governo di questo tipo.

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Per quanto Franceschini stia provando a giocare una sua partita, non tanti scommettono che sia pronto a rompere con Renzi se il segretario terrà ferma la linea illustrata in direzione. I giovani turchi, nonostante i rumors parlano di divisioni tra Orfini e Orlando, dato più in linea con Franceschini, non sembrano disponibili ad andare ad uno strappo con il segretario. Ma anche l’area di Maurizio Martina non pare pronta ad arrivare ad una rottura. E lo stesso Franceschini, appunto, al momento lavora più con l’obiettivo di convincere Renzi ad accettare un’altra prospettiva, piuttosto che ad una spaccatura drammatica. Renzi, secondo alcune versioni, non ha ancora rinunciato del tutto all’idea di essere lui a gestire, da dimissionario, i prossimi mesi. Ma il leader Pd potrebbe essere messo dal capo dello Stato di fronte ad un bivio: Mattarella potrebbe chiedere comunque un governo pienamente in carica in attesa della riforma della legge elettorale e Renzi dovrebbe scegliere tra accettare un reincarico o indicare un nome. Molto, appunto dipenderà dal comportamento della ex maggioranza Pd: si tratta di vedere fino a che punto Franceschini e gli altri sono disposti ad arrivare, nel caso in cui il leader restasse fermo sulle sue posizioni.

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