A Brera il Caravaggio della discordia trovato nel 2014 a Tolosa

A Brera il Caravaggio della discordia trovato nel 2014 a Tolosa
7 novembre 2016

La Giuditta che decapita Oloferne, trovata nel 2014 in una soffitta a Tolosa e attribuita da alcuni studiosi a Caravaggio, è arrivata, nonostante le polemiche, alla Pinacoteca di Brera. Sarà protagonista, dal 10 novembre 2016 al 5 febbraio 2017, di un “dialogo” con La Cena in Emmaus del maestro lombardo, una delle opere più celebri del museo milanese, alla quale è stata data con l’occasione una nuova collocazione meno defilata. A catalizzare l’attenzione dei visitatori sarà però soprattutto la tela arrivata dalla Francia. I proprietari hanno imposto, come condizione per il prestito, che nella didascalia sia scritto Caravaggio.

C’è però anche un asterisco che avverte: “Questa attribuzione è condizione del prestito e non riflette necessariamente la posizione ufficiale né della Pinacoteca di Brera, né del suo consiglio di amministrazione, del comitato consultivo, del direttore o del personale”. Un’avvertanza indispensabile dopo le dimissioni dello storico dell’arte Giovanni Agosti dal Comitato scientifico di Brera, come gesto di protesta contro la scelta di ospitare l’opera attribuendola a Caravaggio, nonostante la disputa in corso. La rassegna mette in mostra anche una Giuditta di Louis Finson, pittore e mercante d’arte fiammingo, sicura copia di un dipinto di Caravaggio. Un parallelismo che evidenzia l’indubbia qualità della tela francese, al di là del conflitto di attribuzione. “Il dibattito resta aperto, tanto la verità non ce l’ha nessuno” ha detto Nicola Spinosa, curatore della mostra e principale sostenitore dell’attribuzione a Caravaggio della tela di Tolosa. “Un museo non deve essere luogo di conservazione dell’antico, ma laboratorio di nuove idee. Questo allestimento apre appunto al dialogo, al dibattito, all’incontro, e talvolta anche allo scontro, che resta vitale per far nascere nuove idee” ha aggiunto. Un concetto ribadito anche dal direttore della Pinacoteca e della Braidense, James Bradburne, il quale ha osservato che “nei consigli, così come nel comitato scientifico, non sempre c’è consenso. Viviamo in democrazia e un museo vivo significa ascoltare con rispetto, ma anche prendere delle decisioni. Non è compito del museo attribuire le opere, ma degli esperti. Nessuno di loro potrebbe però far venire i quadri e metterli uno accanto all’altro, è stato un gesto di umiltà. Vogliamo fare ricerca nella luce o nell’ombra? Io credo che dobbiamo avere il coraggio di farla alla luce del giorno”.

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