di Enzo Marino
Johnson, strenuo sostenitore della Brexit, ritiene che non saranno per forza necessari due anni: “Nella nostra lettera esporremo alcuni parametri sulle modalità alle quali vorremmo attenerci per procedere – ha detto ancora il ministro -. Non credo che avremo necessariamente bisogno di due anni interi, ma aspettiamo di vedere cosa accade”. D’altronde, fosse per lui, il governo di Sua Maestà ne sarebbe già fuori all’indomani del referendum. Sembrano quindi essere stati accantonati gli inviti alla cautela arrivati da più parti: il think tank Open Europe aveva argomentato di recente che il governo di Londra avrebbe prima dovuto fare chiarezza sul tipo di Brexit perseguita, rimandando l’avvio della procedura a dopo le elezioni francesi della primavera 2017 o addirittura dopo quelle tedesche di settembre. Ma evidentemente Theresa May non può permettersi di subire pressioni interne dal suo partito Conservatore, mentre sul versante economico i managing director della City fanno notare che il mini-boom post Brexit dei consumi e delle esportazioni è solo un effetto a breve termine: il prolungarsi dell’incertezza politica non farebbe che nuocere alle prospettive di crescita, resuscitando lo spettro della recessione. (con fonte afp)