Politica

Uscita britannici sposta più a destra l’Europarlamento

La Brexit rappresenta “una straordinaria speranza, sana e democratica” che restituisce alla Gran Bretagna “sovranità” a partire dal “controllo sull’immigrazione”. D’altra parte “l’Unione Europea, nonostante tutti i suoi punti di forza e le ammirevoli qualità, è evoluta negli ultimi 50 anni verso una direzione che non si addice più” al Regno Unito. Con queste parole il premier britannico Boris Johnson ha parlato alla nazione per celebrare la Brexit. “Si tratta di una scelta – ha ricordato- che il nostro popolo ha confermato nelle urne non una ma due volte”. “La cosa piu’ importante da dire stasera (ieri sera, ndr) è che questa non è una fine ma un inizio”. Perché la Brexit “è per tutti un’opportunità che si può trasformare in un successo straordinario”. E “noi abbiamo obbedito al popolo”, sottolineando che ora la priorità del suo Governo sarà quella di “riunire questo Paese e avanzare”, ha concluso il primo ministro.

Parliament Square a Londra è stata strapiena di cittadini inglesi armati di un gran numero di bandiere della Union Jack che hanno aspettato in un clima di festa i rintocchi della riproduzione del Big Ben che alle 23 hanno sancito definitivamente la Brexit, accompagnati dal discorso alla nazione del premier Boris Jhonson e dell’annunciato arrivo in piazza davanti al Parlamento inglese di Nigel Farage. Allo stesso tempo, in piazza davanti al Parlamento scozzese a Edimburgo, si sono radunati manifestanti scozzesi filo Unione Europea, sventolano bandiere europee e manifesti contrari alla Brexit.

Sul fronte -anti Brexit, il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha dichiarato di avere il cuore spezzato per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e ha voluto rassicurare i cittadini europei che vivono nella capitale britannica, apprezzati amici e membri di famiglia. “Sono della generazione che ha visto i nostri vicini europei come amici e alleati”, ha detto Khan all’Associated Press. “Le generazioni precedenti li guardavano con sospetto”, ha ricordato il sindaco. “E la cosa cruciale che sono determinato a fare in modo che accada è, andando avanti, continuare come una città dalla mentalità aperta, lungimirante, pluralista e accogliente verso i nostri amici dell’Ue”. Khan ha a lungo sostenuto che per la Gran Bretagna sarebbe stato meglio rimanere all’interno dell’Ue. Venerdì ha dichiarato di essere orgoglioso del fatto che i londinesi abbiano votato in modo schiacciante nel referendum sulla Brexit del 2016 per il Remain, la permanenza del Regno Unito come membro dell’Ue.

Intanto, sono già partiti quasi tutti ieri, alcuni con gioia, altri, la maggior parte, con le lacrime agli occhi: sono i 73 eurodeputati britannici che dalla mezzanotte di ieri, l’ora della Brexit, sono decaduti dal loro mandato. Come cambierà ora la composizione del Parlamento europeo? Quali gruppi politici guadagneranno più seggi e forza negoziale, e quali saranno indeboliti? Bisogna dire innanzitutto che l’uscita dei 73 britannici non verrà compensata con un numero uguale di nuovi entranti: solo 23 nuovi eurodeputati sostituiranno gli inglesi, scozzesi, gallesi e nordirlandesi tornati a casa. Il totale dei seggi dell’Assemblea passerà così da 751 a 705. Gli altri 46 seggi vacanti verranno messi “in riserva” in previsione delle adesioni all’Ue di nuovi Stati membri nel prossimo futuro. A prima vista si può dire che con la nuova composizione non dovrebbero esserci conseguenze tali da sconvolgere gli equilibri politici e le possibili maggioranze dell’Assemblea. Si prospetta comunque un spostamento, leggero ma non irrilevante, verso il centro-destra, dovuto anche a un indebolimento del centro-sinistra.

Bisogna dire che il rafforzamento apparente della destra andrebbe relativizzato, perché nei voti dell’Assemblea mancherà d’ora in poi l’apporto considerevole (ancorché occasionale) dei 23 eurodeputati del Brexit Party (più altri 3 “indipendenti” britannici), che non erano affiliati ad alcun gruppo e contavano quindi fra i “non iscritti”. Il peso di queste 26 assenze, tuttavia, si sentirà soprattutto a favore delle posizioni degli europeisti nelle questioni che li oppongono ai sovranisti, ma molto meno nelle controversie destra/sinistra su temi non specificamente europei, di cui i Brexiteer tendevano a disinteressarsi non partecipando ai lavori. La nuova situazione potrebbe avere anche ripercussioni interessanti per l’Italia: i Verdi (che passeranno dagli attuali 75 a 68 seggi) avranno un motivo di più per guardare con favore all’ingresso nel loro gruppo dei 14 eurodeputati del M5s, oggi nel limbo dei “non iscritti”, che da tempo bussano alla loro porta.

La parte guidata dai tedeschi contraria al loro ingresso, che fino a oggi è restata maggioritaria, potrebbe indebolirsi e addirittura passare in minoranza, quando l’apporto dei pentastellati (che negli ultimi cinque anni su quasi tutto hanno sempre votato come i Verdi) diventasse essenziale per aumentare la forza negoziale del gruppo ecologista, in particolare sulle questioni strategiche come il “Green Deal”. I 27 nuovi eurodeputati verranno distribuiti ai primi dei non eletti (al voto di maggio) di diversi partiti in 14 paesi: Francia (5), Spagna (5), Italia (3), Olanda (3), Irlanda (2), e poi uno ciascuno a Polonia, Romania, Svezia, Austria, Danimarca, Slovacchia, Finlandia, Croazia ed Estonia. I tre italiani “ripescati” saranno Vincenzo Sofo (Lega, gruppo Id), Sergio Berlato (Fratelli d’Italia, gruppo conservatore Ecr) e Salvatore De Meo (Forza Italia, Ppe). A questi si aggiungerà l’italiano eletto in Francia Sandro Gozi, ex sottosegretario agli Affari europei, che siederà nel gruppo liberaldemocratico Renew Europe. Vediamo, infine, come cambierà la consistenza di ciascun gruppo: il Ppe passerà dagli attuali 182 a 187 eurodeputati; il gruppo S&D da 154 a 148 seggi; Renew da 108 a 97; i Verdi da 75 a 68; i sovranisti di Id da 73 a 76; i Conservatori dell’Ecr da 65 a 62; la Sinistra unitaria da 41 a 40. I non iscritti, che erano finora 53, passeranno a 27.

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