Nel caso di Brexit, l’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione europea dopo il referendum del 23 giugno, Londra non riuscirebbe piu’ a pagare le pensioni e anche i bilanci del servizio sanitario nazionale e delle forze armate sarebbero a rischio: e’ quanto hanno sostenuto, con una serie di interventi pubblicati dalla stampa britannica, il primo ministro conservatore, David Cameron, e il suo ministro dell’Economia, il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne. In particolare, hanno spiegato i due rappresentanti del governo, il crollo dell’economia drenerebbe risorse dal fondo di spesa pubblica, al punto di non rendere piu’ sostenibile il contributo dello Stato in certi settori come quello della previdenza. I motivi sarebbero appunto il calo delle entrate fiscali ma anche, in un certo qual modo, la funzione di ‘garanzia’ delle istituzioni comunitarie sui bilanci degli Stati.
Con un intervento sul Sunday Telegraph, Cameron ha fornito anche numeri: la Brexit “causerebbe un buco nero nelle finanze pubbliche di un ammontare fra 20 e 40 miliardi di sterline”, ha messo in guardia il premier Tory nell’intervento pubblicato dal domenicale del quotidiano conservatore. Intanto, il referendum sulla Brexit si avvicina, il 23 giugno gli inglesi si recheranno alle urne. Impazzano i sondaggi, ormai pluriquotidiani, e a volte in disaccordo: se il Financial Times dà ancora in (lieve) vantaggio il fronte pro-Ue capitanato dal premier David Cameron, l’istituto Orb registra il “sorpasso” — addirittura di dieci punti — degli euroscettici guidati dall’ex sindaco di Londra, Boris Johnson. Ed è proprio contro di lui che si sta concentrando il contrattacco dei fedelissimi di Cameron.
Anche in Italia non mancano le preoccupazioni per un’eventuale uscita della Gran Bretagna dell’Ue. A partire dall’Associazione bancaria italiana. “Comunque vada, Brexit o non Brexit, questo referendum impone una svolta all’Unione europea”, dice il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, secondo il quale, “dopo la consultazione del prossimo 23 giugno, l’Unione dovrà comunque essere decisamente ripensata e rilanciata, sciogliendo innanzitutto i nodi di fondo sulla sua natura giuridica, con una vera Costituzione senza la quale esploderebbero sempre di più le contraddizioni di organismi basati principalmente sulle burocrazie”. Sull’ipotesi di uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, Patuelli mette in luce i possibili danni economici con le “tensioni valutarie, lo choc su ripresa e lavoro, la City retrocessa dal ruolo di capitale finanziaria” e lo scenario di incertezza politica che può aprire: “Il timore – avverte – è che il voto del 23 giugno diventi un precedente pericoloso nell’area del Danubio”.