Theresa May non vuole mollare e intende difendere il suo futuro politico “con tutte le sue forze” nelle ore che precedono il voto di sfiducia organizzato dal partito conservatore, nuovo colpo di scena nella saga della Brexit. Oggi Graham Brady, il deputato che presiede il Comitato 1922, responsabile dell’organizzazione interna dei Tories, ha annunciato che è stata raggiunta la soglia dei 48 eletti conservatori (su 315) necessari per far scattare il voto che potrebbe sfociare in una corsa alla successione di May.
La premier è entrata definitivamente in rotta di collisione con i ‘brexiteers’ duri e puri del suo partito dopo la decisione di rinviare il voto sull’accordo con Bruxelles per l’uscita dall’Ue. Ma tenterà fino all’ultimo di convincere i deputati a non sfiduciarla: parlerà alle 17 locali (18 italiane) davanti al Comitato 1922, poco prima che inizi il voto Tories alla Camera dei Comuni, fissato dalle 18 alle 20 locali (19-21 italiane). L’esito dello scrutinio – segreto – sarà reso noto “verso le 21” (le 22 in Italia), ha detto Brady. In una breve dichiarazione davanti a Downing Street, May si è mostrata combattiva, decisa “a portare a termine il lavoro” sulla Brexit e ha avvertito che chiunque fosse chiamato a rimpiazzarla “non avrebbe il tempo di rinegoziare” l’accordo di divorzio con l’Ue. Quindi il suo spodestamento avrebbe la conseguenza di “ritardare, vedi bloccare la Brexit” prevista per il 29 marzo 2019, ha detto.
I potenziali candidati alla successione della May
May ha annullato la riunione del suo governo prevista per oggi. Dai membri dell’esecutivo sono arrivate pubbliche dichiarazioni di sostegno, anche dai ministri che sono considerati candidati all’eventuale successione. “La carica di primo ministro è la più gravosa che si possa immaginare in questo momento e l’ultima cosa di cui ha bisogno il Paese è una lunga e penosa corsa alla leadership”, ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri Jeremy Hunt. Il titolare dell’Ambiente, Michael Gove, sostenitore della Brexit durante la campagna per il referendum di giugno 2016, ha affermato che “nessuno è in migliore posizione per arrivare a realizzare la volontà del popolo di lasciare l’Unione europea”. Di ben altro tono le dichiarazioni del capo dei deputati conservatori euroscettici e ERG e promotore della fronda Jacob Rees-Mogg, secondo cui “il Paese ha bisogno di un nuovo leader” ed “è ora che la signora May si dimetta”.
Per restare in sella, la premier deve ottenere il voto favorevole di almeno la metà dei deputati conservatori, più uno, ovvero 158 eletti. Ma già un centinaio di voti favorevoli alla sfiducia sarebbero un pesante schiaffo e porrebbero la questione della legittimità della sua premiership. Se invece uscisse con un buon margine di vittoria dal voto, May diventerebbe inamovibile come capo dei Tories per un anno. La Bbc riferisce che già 174 deputati conservatori hanno annunciato voto favorevole a Theresa May e 34 si sono pubblicamente dichiarati per la sfiducia. La sterlina si è rafforzata dopo questo annuncio. Sul fronte dell’opposizione, ieri il leader laburista Jeremy Corbyn ha chiesto che May porti “immediatamente” l’accordo per la Brexit all’esame del parlamento, “altrimenti dovrà andarsene, non possiamo tollerare ulteriore ritardo”. Ma per il momento non ha voluto deporre una mozione di censura, come reclamato da altri partiti minori di opposizione, come il Partito nazionale scozzese SNP o il Partito liberal-democratico, pro-Ue. Corbyn ha detto che bisogna attendere “il momento opportuno (..) per sbarazzarsi di questo governo”. askanews