Brucia la compagna nel Siracusano, la vittima e’ morta per le gravi ustioni. L’uomo incastrato da figlio
In un primo momento, si era pensato ad un incidente domestico per lo scoppio di una bomboletta da campeggio
Un caso terribile di femminicidio. Un uomo da’ fuoco alla compagna, provocandone la morte, e tenta di fare passare il delitto per un incidente domestico. Ma viene incastrato dal figlioletto. La polizia di Pachino ha arrestato il 36enne Sebastiano Iemmolo, di Rosolini, accusato dell’omicidio della convivente Laura Pirri, 31 anni, deceduta all’ospedale Civico di Palermo il 25 marzo scorso, dopo diciotto giorni di agonia. La vittima e’ morta per le gravi ustioni sul 40 per cento del corpo provocate dal compagno al culmine di una lite scoppiata il 7 marzo per una modesta richiesta di denaro, circa 20 euro, avanzata alla donna. In un primo momento, si era pensato ad un incidente domestico per lo scoppio di una bomboletta da campeggio, come aveva riferito l’uomo alla polizia nelle ore successive all’episodio. Le indagini sul conto del trentaseienne sono iniziate a seguito della testimonianza della madre della vittima: agli inquirenti ha raccontato che il figlio di 10 anni della coppia aveva assistito all’omicidio del padre e le aveva riferito alcuni dettagli. La Procura ha cosi’ messo sotto intercettazione ambientale la casa della madre dell’uomo dove era andato a vivere dopo il sequestro dell’abitazione coniugale. Sono emersi indizi importanti sulla responsabilita’ dell’uomo che in altre occasioni avrebbe aggredito la compagna. E’ stato il Gip del Tribunale di Siracusa a emettere il provvedimento di arresto con l’accusa di omicidio, maltrattamenti, lesioni, incendio e calunnia. Ora si trova in carcere. L’indagine e’ partita dalle denunce dei familiari della vittima, convinti sin da subito che la sua morte non fosse stato un incidente, ma la conseguenza dell’ennesimo episodio di violenza.[irp]
Attendibili erano risultate le dichiarazioni rese dalla madre di Laura che aveva saputo dal proprio nipotino che ad appiccare le fiamme era stato proprio Iemmolo. La delicatezza dell’indagine derivava dal fatto che il figlio minore aveva assistito all’omicidio della mamma, per mano del padre. Un delitto maturato in un contesto di omerta’ per il timore di ritorsioni da parte dell’uomo, noto a Rosolini per il sistematico ricorso alla violenza per risolvere controversie di ogni natura. Decisive le dichiarazioni dei parenti e degli abitanti dello stabile di via Eloro e le intercettazioni telefoniche e ambientali all’interno dell’abitazione della madre dell’indagato in cui, dopo il sequestro dell’immobile, Iemmolo era andato a vivere. Gli elementi raccolti e la notifica di un avviso di garanzia, lo hanno obbligato ad abbandonare l’iniziale versione fornita circa lo “scoppio accidentale del fornellino”, iniziando, tra le mura domestiche, a concordare con il figlio e la propria madre una “seconda verita’” da fornire quando fosse giunto in momento. Le conversazioni intercettate hanno confermato questi tentativi di ulteriore depistaggio. Tra le accuse anche quelle di incendio e calunnia per avere appiccato il fuoco alla Fiat 500 di proprieta’ di un vicino di casa, peraltro da lui accusato di lesioni personali. Ulteriore conferma dell’esistenza di un contesto di minacce, paura e violenza che ha segnato drammaticamente questa storia.[irp]